“Tore”, il pugile che ha scelto la famiglia

JESOLO Pugile e bersagliere, ma soprattutto marito e papà. La storia di Giuseppe "Tore" Visentin, classe 1935, sembra arrivare direttamente dal copione di un film e lancia un messaggio importante in...

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Pugile e bersagliere, ma soprattutto marito e papà. La storia di Giuseppe "Tore" Visentin, classe 1935, sembra arrivare direttamente dal copione di un film e lancia un messaggio importante in questo 2012 pieno di incognite in cui il valore della famiglia sta tornando un riferimento.

E' stato campione di pugilato dei pesi medio-massimi dal 1954 al 1964. Oggi vive a Jesolo con la moglie Bruna e i figli Raniero e Michele. Si gode la pensione avendo lavorato nel turismo Jesolano come assistente di salvataggio e conserva tutt'ora una prestanza e freschezza fisica notevole come cinquanta anni fa. «Mi piacerebbe che oggi i pugili fossero soprattutto uomini e non pensassero solo al professionismo e ai soldi, io alla fine scelsi la famiglia». Questo il messaggio di "Tore" termine dialettela che sta per torre, vista la prestanza. «Ho iniziato la carriera nel 1954 - ricorda Tore con un pizzico di nostalgia - allora ero diciannovenne con tante speranze ed entusiasmo per il futuro come tanti giovani di quel tempo. Avevo come allenatori due campioni del passato, Pavan e Narciso Favaro il quale combattè contro il mitico Primo Carnera in Algeria». Nel periodo militare da bersagliere, a 20 anni, ha vinto il titolo nazionale categoria medio-massimi 80 kilogrammi. In palestra alla boxe "Jesolo Ring" si preparava alle sfide con campioni allora famosi come Baseotto, Niero, Martin ed anche il campione di Mestre De Piccoli. «Mentre ai campionati Collegiali di Orvieto nel 1957- prosegue- ho incontrato i fratelli Sclebin, Bruno e Plinio. Poi, passato professionista nel 1962, ho boxato tra gli altri con Scattolin e successivamente per il titolo Italiano il fortissimo Seraudi». Nel 1964 in finale a Monaco di Baviera sfidava il campione di Germania per il Titolo Europeo, ma afflitto ed indebolito da un' influenza con febbre alta dovette soccombere ai punti. «Mio padre era un uomo troppo buono, non aveva cattiveria - aggiunge orgoglioso il figlio Raniero dipendente all'ospedale di Jesolo - altrimenti sarebbe arrivato a più grandi traguardi". Nel 1964, a 29 anni, ha dovuto fare una scelta importante e ha scelto la famiglia.(g.ca.)

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