Tiramisù Made in Venice alla conquista del mondo

Il successo imprenditoriale dei “Tre Mercanti”, sbarcati in Arabia e in Corea Dal dolce tradizionale a quello allo Spritz, migliaia porzioni l’anno in 27 varianti
Di Roberta De Rossi

VENEZIA. Cos’hanno in comune un pubblicitario, il titolare di una vetreria a Murano, un ex manager internazionale di Gucci con la passione per la pasticceria? Sono veneziani, sono amici e hanno avuto un’idea imprenditoriale vincente: promettere di preparare il tiramisù più buono che c’è e farlo in vetrina, senza trucchi, sotto gli occhi dei passanti, nel loro laboratorio-negozio Tre Mercanti sul ponte della Guerra, a due passi da San Marco. Vetrine davanti alle quali - negli ultimi due anni - si sono fermati anche blogger coreani, televisioni arabe, giornalisti-viaggiatori di mezzo mondo e - inattese - un anno fa sono arrivate le prime telefonate di imprenditori che proponevano aperture in franchising.

Detto, fatto. Da qualche settimana, il tiramisù “Made in Venice”, tale e quale, con la stessa miscela di caffè fatta su misura, gli stessi savoiardi italiani, lo stesso mascarpone, si può mangiare nel cuore dell’Arabia saudita e in Corea: a Seul in aprile e a Riad in giugno, infatti, i Tre Mercanti - ovvero, Roberto Caruti (il manager-chef), Emanuele Dal Carlo (il comunicatore), Andrea Dalla Valentina (il vetraio) - hanno aperto i primi due negozi, ai quali ne seguiranno altri otto. In tutto e per tutto uguali a quello di Venezia, dagli scaffali ai biscotti.

«Abbiamo richieste dal Kuwait, dalla Cina, dalla Russia, Parigi, Berlino, Londra: ma adesso abbiamo detto “fermi tutti” dobbiamo organizzarci, perché vogliamo farlo a modo nostro, con le nostre materie prime, il nostro caffè, le nostre ricette e la logistica non è semplice quando pensi di aprire un negozio per vendere 150 tiramisù in un giorno e poi ti ritrovi a dover chiudere la porta dopo 12 minuti perché sono finiti tutti, come è successo il secondo giorno a Riad», sorride Roberto Caruti. I Tre Mercanti nascono nel 2007. «Volevamo fare qualcosa di bello e buono», prosegue Caruti, «dimostrare che a Venezia c’è anche qualità e non solo mordi-e-fuggi e così abbiamo aperto il negozio, per proporre una selezione di prodotti italiani, vino, cioccolate».

«Poi, tre anni fa», racconta Emanuele Dal Carlo, «attorno a una bistecca, ci siamo detti che volevamo un’idea nuova: e cosa c’è di più veneto, conosciuto in tutto il mondo, che piace a tutti, che si può preparare senza cucina e con poche attrezzature? Il tiramisù: Roberto si è concentrato per mettere a punto la ricetta - si è messo a lavorare col misurino e il cronometro - e siamo partiti». Né troppo dolce, né troppo alcolico, né troppo caffé. «Abbiamo pensato che volevamo farlo a carte scoperte, in vetrina, sotto gli occhi di tutti», aggiunge Caruti, «e dimostrare che non è vero che a Venezia tutto è falso, surgelato, precotto, “cinese”».

Un tiramisù tira l’altro, sono diventati miglia di porzioni l’anno, preparate in 27 varianti: da quello al pistacchio di Bronte a quello alla Nutella o alla fragola (tutti ingredienti spediti a Riad e Seoul), fino al più recente Tiramisù allo Spritz, Aperol e prosecco.

«Non avevo mai pensato di farlo, ma continuavano a propormelo», scherza Caruti, «l’ho preso come una sfida, senza pensare di prepararlo davvero: poi l’ho fatto assaggiare ai miei vicini di calle - che sono i miei “tester” per i nuovi gusti - e mi hanno detto tutti “Buono” e ora è tra i più apprezzati». Questo, però, a Riad non ci sarà.

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