Terapia del dolore, un riconoscimento dalla Toscana
Arriva dalla Toscana l’ultimo riconoscimento per le terapie praticate all’Ospedale dell’Angelo. Una targa assegnata da Cittadinanzattiva e dalla Regione Toscana ha sancito il lavoro svolto dal personale dell’ospedale mestrino nel campo della terapia del dolore, uno degli aspetti di cui talvolta meno si parla, ma che riveste un ruolo fondamentale nella cura del paziente. Il Premio Nottola ha riconosciuto quello dell’Angelo e dell’Asl 12 come uno dei migliori progetti nazionali per la lotta contro il dolore “inutile”. Questo riguarda la formazione di medici e infermieri sul buon uso di farmaci oppiacei, un argomento che ha fatto a lungo discutere negli anni scorsi.
A ritirare il premio è stato lo stesso ideatore del progetto, Pietro Fontana, medico antalgista e già autore di alcuni libri sul tema, insieme a Gabriella Sanese, medico della Direzione medica dell’Ospedale Civile di Venezia. «Questa targa è un riconoscimento importante per tutti gli operatori sanitari di questa Asl, che lottano quotidianamente contro il dolore inutile che provano i pazienti», osserva il direttore generale dell’Asl 12, Giuseppe Dal Ben. «Che non è soltanto quello che prova il malato oncologico, ma anche quello del malato cronico, del paziente con malattie reumatiche o neurologiche, di chi ha subito un trauma e deve sottoporsi a un intervento, persino di chi deve partorire. Si tratta di una prestigiosa quanto gradita conferma che la strada che abbiamo intrapreso, quella dell'umanità, dell'accoglienza e dell'assistenza alle persone, è quella giusta». Il dirigente medico dello stesso ospedale dell’Angelo, Onofrio Lamanna, aggiunge che «l’impegno della struttura è quella di estendere la terapia del dolore a tutti i medici e non solo agli specialisti. Il premio ricevuto, riconosce anche questo impegno, cosicché tutti i medici possano conoscere e maneggiare farmaci che un tempo si temeva potessero creare dipendenza, essendo op-piacei, e che quindi veniva visti in maniera anche non po-sitiva da alcuni. La terapia del dolore non è un optional, ma un dovere verso chi soffre. Dobbiamo credere a quei pazienti che ci dicono che soffrono, perché spesso il dolore che sentono si ripercuote poi sulle loro stesse vite, diventando anche un limite nelle cose che questi possono fare nella vita quotidiana, e a volte anche un problema a livello psicologico. Tenendo in considerazione che ogni paziente ha una diversa soglia di sopportazione del dolore».
Simone Bianchi
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