Feste natalizie, boom di chiamate a Telefono Amico di Mestre: sempre più persone sole

Telefono Amico riceve oltre 630 chiamate durante la maratona natalizia, offrendo ascolto a chi si sente perso. Anonimato, chat e mail sono tra i servizi più richiesti

Maria Ducoli
Un operatore di Telefono Amico
Un operatore di Telefono Amico

C’è chi chiama in lacrime, pronto a togliersi la vita. Chi non riesce a tirar fuori le parole e sta in silenzio anche un’ora, rassicurato dal respiro dall’altra parte della cornetta. Chi è pieno di rabbia e cerca qualcuno con cui sfogarsi, chi ha il fiato corto per l’ansia, chi ha paura dei propri pensieri, chi un problema di coppia, droga o solitudine.

Telefono Amico da quasi sessant’anni offre conforto a chi si sente perso e tra le cinque sedi venete - accanto a Treviso, Padova, Vicenza e Bassano del Grappa - c’è anche Mestre, dove una ventina di volontari si rendono disponibili a rispondere alle chiamate provenienti da tutt’Italia.

I numeri di un fenomeno  

 Durante i giorni di festa appena passati, Telefono Amico ha predisposto una maratona di ascolto no stop, dalle 9 della vigilia alla mezzanotte di Santo Stefano. Oltre 630 le telefonate ricevute, superando le 620 del Natale del 2023. «Le persone che ci chiamano» spiega la sezione mestrina, «hanno fragilità tutto l’anno, ma le festività sono un periodo difficile, in cui anche la solitudine pesa di più». Mentre tutti si ritrovano, festeggiano, brindano, il peso di chi si sente solo si fa ancora più gravoso e Telefono Amico da sempre vuole alleggerire quel carico.

Il bisogno, d’altronde c’è: la sede mestrina fa sapere che dopo il Covid le telefonate si sono triplicate e, per far fronte al boom di richieste d’aiuto, dal primo settembre scorso i volontari rispondono allo 02.2327.2327 dalle 9 del mattino a mezzanotte, aumentando così di un’ora il servizio. Inoltre, sono state inserite due nuove modalità per chiedere aiuto, sempre più usate: il servizio di chat WhatsappAmico (324 011 7252) e la mail, accessibile attraverso la compilazione di un form anonimo sul sito. Formule, queste, che piacciono soprattutto ai giovani.

Chi chiama 

Sono proprio loro i nuovi utenti che dopo la pandemia sempre più spesso affidano il loro malessere al Telefono Amico. Un porto sicuro, perché garantisce l’anonimato e, soprattutto, la sospensione del giudizio. Hanno tra i 15 e i 25 anni e si sentono incompresi dal mondo. L’ansia di non essere all’altezza delle aspettative della famiglia, della scuola e dell’ambiente di lavoro li divora, si sentono smarriti davanti alle scelte che devono prendere, tremano sull’orlo del precipizio della vita, ma a differenza degli adulti non hanno paura a chiamare le cose con il loro nome. Attacchi di panico, depressione, autolesionismo, pensieri suicidari: tutte parole che ragazzi e ragazze masticano come caramelle perché hanno capito che solo eliminando lo stigma potrà esserci salute mentale.

A usare la linea telefonica, invece, sono soprattutto adulti tra i 50 e i 70 anni, per lo più uomini. Molti soffrono di depressione, altri hanno problemi di dipendenze da sostanze, altri ancora non sanno come far fronte ai problemi di coppia e, quasi tutti, soffrono di solitudine. Spesso, le chiamate arrivano da ospiti delle case di riposo, anziani che non hanno più una rete familiare e si affidano alle voci amiche dei volontari.

I servizi di Telefono Amico 

Molti degli utenti che si rivolgono alla linea telefonica sono seguiti dai servizi per la salute mentale del loro territorio e, spesso, sono i terapeuti stessi a consigliare loro di chiamare in caso di bisogno, potendo contare su un servizio che è quasi H24. Tuttavia, anche chi ha una famiglia, degli amici, dei colleghi, si sente galleggiare nel vuoto e non sa a chi confidare i propri pensieri più scuri.

«Un po’ per timore del giudizio, un po’ perché siamo una società sempre meno abituata ad ascoltare gli altri. Si tende a sminuire la sofferenza altrui, a rispondere mettendo davanti i propri problemi a quelli della persona che ci sta di fronte, ma così facendo non la si aiuta». Per farlo, però, serve una giusta preparazione e, a tal proposito, a gennaio partirà un nuovo corso di formazione per gli aspiranti volontari.

Per circa sei mesi, due sere alla settimana, i partecipanti si misureranno con lezioni teoriche e parti pratiche, per sapere cosa dire e come comportarsi con gli utenti. «Un percorso che è anche e soprattutto di crescita personale, perché ti porta a fare i conti con i tuoi valori, le tue emozioni e le fragilità che ciascuno di noi ha» commenta chi ha già fatto questo cammino. Una volta superato il corso, i volontari si prestano per un turno di circa tre ore settimanali, solitamente in sede ma con la possibilità di farlo anche da remoto. L’obiettivo è lo stesso: non far sentire solo nessuno, esserci senza chiedere nulla in cambio.

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