Tangenti Mose, Orsoni interrogato dal gip si dichiara innocente

VENEZIA. È iniziato poco dopo le 8, ed è durato meno di un’ora, nell’aula bunker di Mestre, davanti al gip Alberto Scaramuzza, l'interrogatorio di garanzia del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni agli arresti domiciliari per finanziamento illecito ai partiti.
Al termine il legale di Orsoni, avvocato Daniele Grasso, ha parlato ai giornalisti all'uscita dell'aula bunker: "Il sindaco ha fatto dichiarazioni, non è stato un vero e proprio interrogatorio. La sua posizione è radicalmente diversa e punteremo a farla differenziare da quella degli altri indagati", ha precisato. Ci sono però le accuse pesanti fatte da Mazzacurati: "Circostanze che vanno chiarite", ha risposto l'avvocato, il quale ha poi detto che il suo assistito "è forte della sua serenità" ma anche "provato dal punto di vista umano perché queste cose sono arrivate del tutto inaspettate".
In particolare, ha spiegato l’avvocato, Orsoni «non ritiene che gli sia addebitabile alcun tipo di responsabilità» e si propone «di dimostrarlo attraverso una serie di indagini difensive a integrazione della documentazione acquisita dal procuratore». Per Grasso, poi, «è giusto dare conto che l’inserimento in questo contesto della sua persona poteva essere evitato; la situazione si è sviluppata in questi termini, quindi pazienza, ma va però letto in modo diverso», perchè la posizione di Orsoni «non c’entra niente con tutte le altre imputazioni».
«Dobbiamo ancora decidere se fare ricorso, abbiamo tempo». Il sindaco di Venezia «è profondamente convinto del fatto di riuscire a dimostrare che la sua situazione in questo contesto non va letta come è stato fatto. Si risolverà tutto spero in tempi relativamente brevi», ha concluso, sottolineando che Orsoni è «fiducioso» e di esserlo lui stesso.
Orsoni per una dazione, secondo l'ordinanza del gip, di 260 mila euro ricevuti nel 2010 per la campagna elettorale dal consorzio Venezia Nuova è entrato nella vicenda dei cosiddetti fondi neri per il Mose. Si tratta di denaro che il consorzio Venezia Nuova, all'epoca dei fatti presieduto da Giovanni Mazzacurati, aveva accantonato per tangenti alla politica in modo da favorire le imprese che operavano nella salvaguardia di Venezia.
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