Strangolò e prese a coltellate un’anziana Susanna Lazzarini condannata a 30 anni

MESTRE. Susanna “Milly” Lazzarini ha pianto per tutta la durata dell’udienza. E quando il giudice David Calabria ha letto la sentenza di condanna, le lacrime alla 55enne sono scese ancora più copiose: 30 anni per aver ucciso Lida Taffi Pamio, 87 anni, il 20 dicembre 2012 nell’appartamento dell’anziana in via Vespucci. Un pronunciamento, quello che il gup ha letto dopo poco più di un’ora di camera di consiglio, che è andato ben oltre la richiesta a 18 anni di reclusione formulata dalla sostituto procuratore Alessia Tavarnesi che ha coordinato le indagini assieme alla collega Lucia D’Alessandro. Nei conteggi della pena, la rappresentante dell’accusa è partita da 26 anni (il minimo previsto dal codice penale è 21) per l’omicidio volontario aggravato in concorso con Monica Busetto e 1 anno per la rapina aggravata dei monili. Questo considerando le circostanze attenuanti generiche concesse per la confessione e la collaborazione fornita agli inquirenti da Lazzarini come equivalenti alle aggravanti contestate, ovvero la minorata difesa della vittima, le sevizie e la crudeltà, il nesso tra il delitto e la rapina. Sottraendo un terzo della pena come previsto dal rito abbreviato scelto dall’imputata, la Procura era arrivata alla richiesta di 18 anni.

Arrestata il 31 dicembre 2015 per un delitto con molti tratti in comune, quello di Francesca Vianello, nel corso di due interrogatori-fiume Lazzarini si era prima auto accusata dell’omicidio di Lida Taffi Pamio, facendo scarcerare la Busetto che in un primo tempo era stata ritenuta l’unica responsabile, poi tirandola nuovamente in ballo. Lazzarini aveva sostenuto di aver personalmente strangolato l’anziana con il cavo del decoder, poi di averla accoltellata. Ma che il colpo letale era stato inferto dalla Busetto. Milly lo aveva ripetuto anche nel corso del processo d’appello a Busetto.
Nella requisitoria, la pm Tavarnesi ha richiamato vari elementi di quanto sostenuto da Lazzarini. Elementi che, se in un primo tempo potevano apparire surreali, poi hanno trovato riscontro nelle indagini. Come quando Milly aveva raccontato che subito dopo il delitto era andata al centro Le Barche per vedere allo specchio i graffi che si era procurata nella colluttazione con l’anziana. Indossava un giubbotto sporco di sangue tanto che, una volta uscita dal centro commerciale, Lazzarini era andata in un negozio gestito da cinesi in via Olivi per acquistare una giacca nuova. La commessa, sentita dagli investigatori, aveva ricordato quella donna con il volto ferito che le aveva detto di essere caduta in bici.

Il difensore di Lazzarini, l’avvocato Mariarosa Cozza, nella sua arringa ha chiesto il minimo della pena, tenuto conto che l’imputata è rea confessa, contestando le aggravanti - negando le sevizie e sostenendo la contestazione non corretta della minorata difesa - e chiedendo la riqualificazione della rapina in furto con strappo.
Diverso deve essere stato il ragionamento del gup Calabria che, nel determinare la condanna, è verosimile pensare sia partito dalla pena massima dell’ergastolo che, scontato per l’abbreviato, è diventato una pena di 30 anni. Non sono state concesse le attenuanti generiche, con il parallelo riconoscimento delle aggravanti. Resta da capire come il giudice abbia valutato la collaborazione della Lazzarini.
«Preso atto che i processi si discutono nelle aule e che le sentenze si contestano nelle sedi appropriate una volta lette le motivazioni, da parte di questa difesa c’è la più ampia riserva di presentare appello, cercando di coinvolgere anche la Procura per vedere riconosciuta la collaborazione concreta e importante, pur non prescindendo dalla gravità dei fatti», spiega l’avvocato Cozza, «Va dato rilievo alla collaborazione che non deve essere svilita. Un ragionamento, questo, anche in confronto alla coimputata che ha fatto scelte di rito diverse (è andata a dibattimento, quindi senza sconti di pena, ndr) e ha tenuto comportamenti differenti». Nel processo-bis in ottobre davanti alla Corte d’Assise d’Appello, Busetto è stata condannata a 25 anni.
Quella di ieri è la seconda condanna per Lazzarini, detenuta nel carcere della Giudecca dal 1° gennaio 2016. Ad ottobre 2017 la Corte d’Assise d’Appello aveva confermato i 30 anni dati in primo grado per l’omicidio, il 29 dicembre 2015, di Francesca Vianello, 81 anni, amica della madre. Ma in quel caso era contestata la premeditazione, che pesa molto sulla quantificazione della pena. Per questa condanna, l’avvocato Cozza ha presentato ricorso in Cassazione: se ne discuterà a maggio. —
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia