Spaccio a Chioggia, “Tsunami” di droga: 26 accusati

Per la Procura che ha chiuso l’indagine, hanno gestito un traffico da 250 chili tra cocaina, hashish e marijuana. Gli avvocati hanno un mese per le memorie difensive, poi la decisione del Tribunale
Mosè De Luchi Comandante Provinciale Carabinieri Venezia.Giovanni Avitabile Comandante Provinciale Guardia di Finanza Venezia.Conferenza Stampa Operazione Tsunami - Operazione Antidroga Chioggia.Mestre, 05/02/2020.Foto A. Gilardi/Ag. Lorenzo Pòrcile
Mosè De Luchi Comandante Provinciale Carabinieri Venezia.Giovanni Avitabile Comandante Provinciale Guardia di Finanza Venezia.Conferenza Stampa Operazione Tsunami - Operazione Antidroga Chioggia.Mestre, 05/02/2020.Foto A. Gilardi/Ag. Lorenzo Pòrcile

CHIOGGIA. La Procura li accusa di aver gestito il ricco mercato dello spaccio a Chioggia, tra il 2017 e il 2019, inondandolo con 70 chili di cocaina, un quintale e mezzo di marijuana e 30 chili di hashish.

Nei giorni scorsi, il procuratore aggiunto Stefano Ancilotto ha firmato l’atto di conclusione delle indagini per i 26 indagati dell’operazione “Tsunami”, capace di scuotere come un terremoto il mondo della malavita e dello spaccio clodiense – nel febbraio dell’anno scorso – con 23 arresti, altre tre misure cautelari e il sequestro di beni per 7 milioni di euro: il tesoretto dei guadagni, investiti in auto, appartamenti e denaro su conti correnti, anche esteri, intestati a parenti per ingannare eventuali investigatori.

Uno “Tsunami”, appunto, partito da un foglietto perso a terra - con una decina di normi annotati e quantità di droga - che ha dato il via alle indagini dei carabinieri del Nucleo Operativo di Chioggia e dei finanzieri del Gico di Venezia.

Sin qui parla l’accusa, ma le difese hanno ora un mese per depositare le proprie memorie e chiedere eventuali interrogatori: poi la Procura trarrà le fila e procederà con le richieste di rinvio a giudizio. E la parola passerà al Tribunale.

A condurre i giochi - secondo la ricostruzione dell’accusa - ci sarebbero stati i chioggiotti Marco Di Bella, 53 anni (ai domiciliari), e di Raffaele D’Ambrosio, 44 anni (detenuto a Belluno). Intercettando le loro comunicazioni e quelle di altri spacciatori, gli investigatori hanno ricostruito i quattro canali di rifornimento del gruppo.

Secondo l’accusa, infatti, la droga sarebbe arrivata dalla Slovenia attraverso un flusso gestito dal marocchino Hichan Kafi, 45 anni, residente a Chioggia, per quanto riguarda cocaina e hashish; quello riconducibile a i fratelli di origine marocchina Hassna e Zacaria Sadellah, sorella e fratello, di 35 e 31 anni, per la marijuana; Sandro e Giorgio Furlan, 55 e 23 anni, padre e figlio pure loro di Chioggia, anch’essi per la fornitura di marijuana; infine il quarto canale gestito dal padovano Roberto Lazzaretto, 53 anni, e dal veneziano Stefano Tommasi, 42 anni. Infine il corriere Jurij Jerman, 52 anni.

La catena prevedeva poi la cessione della droga a terzi, intermediari con gli spacciatori finali, in una piramide ben organizzata: Andrea Ambrosio Tiozzo Meo, 42 anni; Igri Varagnolo (66 anni) e Kateryna Hutsulyak (47 anni); Nicoletta Nordio (45 anni); Christian Moscheni (29 anni); Luca Bellemo (42 anni); Lino e Damiano Frezzato, 54 e 60 anni; Andrea Boscolo Cegion (45 anni); Umberto Pugiotto (47 anni): tutti nati o residenti tra Chioggia e Sottomarina.

E, ancora, droga venduta per poi essere ceduta a terzi, come Floriano Stefani: “il carabiniere”, 45 anni, nato a Piove di Sacco e residente a Treviso. Tra gli indagati anche Alessandro Carisi (37 anni) e Luca Celi Tiozzo (36 anni), accusati di aver venduto due etti di cocaina a Laura Bonivento (37 anni), per venderla poi ai clienti finali. Nell’inchiesta anche il chioggiotto Marco Nordio per la cessione di droga e il padovano di Due Carrare Stefano Lazzaro. —

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