Soldi, auto e voucher per il finanziere corrotto

VENEZIA. C’è un mondo oscuro, corrotto, sfacciato, che impregna parte della società e si ritrova nelle indagini più disparate. Così l’ordinanza cautelare con la quale la giudice per le indagini preliminari Barbara Lancieri - su richiesta del pm Giorgio Gava - ha arrestato il finanziere Michele Napolitano, riserva ennesimi squarci su un mondo di corruzione che pare imperversare in ogni dove, dallo sfruttamento degli operai nei subappalti Fincantieri a controlli fiscali pilotati. E si incontrano nomi noti, a giudizio in altre inchieste con l’accusa di aver fatto parte del “clan dei casalesi di Eraclea”.
All’origine del tutto
«Deus ex machina dell’indagine è Angelo Di Corrado» - riassume la gip - consulente del lavoro e referente operativo della M.A.Consulting.
«La sua figura emerge nel 2018 all’interno di un’indagine della Procura sull’attività di sfruttamento della manodopera dei lavoratori che operavano in Fincantieri», scrive Lancieri, «Di Corrado si prestava a redigere buste paga compilate in modo tale da mascherare la situazione di sfruttamento dei lavoratori delle ditte in subappalto. Indagando su Di Corrado è risultato che intratteneva rapporti dal 2017, assidui, con l’appuntato scelto della Guardia di finanza Michele Napolitano. L’insolito rapporto tra un militare della Gdf di stanza a Roma e un consulente del lavoro che operava nel Veneto, imponeva approfondimenti che subito facevano emergere anomalie».
C’è da ricordare che Angelo Di Corrado è il consulente accusato di aver creato cartiere per le false fatturazioni e le frodi fiscali del clan dei casalesi di Eraclea, ora a giudizio accusato di far parte dell’associazione mafiosa di Luciano Donadio (che con quest’indagine su Napolitano non c’entra nulla).
Quando viene arrestato, il consulente del lavoro parla. E racconta che attraverso il figlio Matteo, Michele Napolitano è socio di Abaco Srl con base a Noventa di Piave, allo stesso indirizzo della sua M.A. Consulting. Di Corrado dice di averlo conosciuto nel 2017, presentato da un imprenditore, e che subito Napolitano si era offerto per servizi di consulenza fiscale. E i ruoli si rovesciano.
«Con l’entrata del Napolitano negli affari del Di Corrado», scrive la Gip, «i rapporti di forza tra i due venivano a cambiare radicalmente. Da “rapporto di collaborazione paritaria” si trasformava in una sorta di rapporto di sudditanza del Di Corrado rispetto alle richieste economiche avanzate a vario titolo dal Napolitano, data la funzione di garante assunta a fronte di eventuali procedimenti discali o penali». Napolitano promette di portare clienti e risolvere grane giudiziarie e Di Corrado dice di avergli dato circa 43 mila euro per farlo.
Sgnaolin: “mi ha fatto paura”
Tra i clienti c’è Christan Sgnaolin, che ai pm Terzo e Baccaglini racconterà di averne fatte e viste di tutti i colori come braccio finanziario di Luciano Donadio. Sgnaolin è titolare della Imperial Agency e cliente di Di Corrado, che gli suggerisce di passare ai servizi di Abaco, «dal momento che annoverava tra i suoi soci occulti militari della Guardia di finanza, come Napolitano e (l’ex generale) Franco Patroni».
L’Imperial Agency è al centro di una verifica fiscale: l’incontro con Napolitano è per gennaio 2019. Un mese dopo Sgnaolin e i “casalesi di Eraclea” saranno arrestati e lui stesso collaborerà con la Procura, ma ancora non lo sa. All’incontro - racconta lo stesso Sgnaolin - Napolitano gli disse che si era informato è già sapeva che la situazione era molto più grave «questa qua è solo la punta dell’iceberg», «Mi sono informato, non ti preoccupare per la multa per la verifica fiscale (....) ma ci sono altri procedimenti. Mi sono già informato con i miei colleghi di Venezia , sai rischi l’arresto» «Io ho preso paura (...)», dice Sgnaolin al pm Gava, « mi ha fatto proprio violenza psicologica dicendomi ”sai, finisci sui giornali, ti sputtani” ho pensato alla mia famiglia, a finire in galera». «In pratica», osserva la gip Lancieri, «Napolitano spaventava Sgnaolin per indurlo ad acconsentire alle sue richiese, con la promessa di insabbiare tutto chiedeva danaro “la bicicletta per poter andare avanti deve essere oliata”». Iniziando da 300 euro per le spese vive e mille in voucher Spa.
Corrotto e spregiudicato
Per la giudice, Napolitano «ha operato avendo di mira esclusivamente il proprio tornaconto personale, al servizio del quale ha asservito la pubblica funzione da lui ricoperta (....) dimostrando assoluta disinvoltura, se non spregiudicatezza (...) non ha nessun problema a sollecitare il pagamento delle somme pattuite e esigere i benefit». Di sé dice: “Non sono uno che lavora a salario, perché non sono un operaio alle dipendenze di nessuno, la mia professionalità ha un costo” .
Falso attentato
«Ma probabilmente il punto più basso dell’abiezione, il Napolitano lo ha raggiunto con la vicenda di Mohammad Shafiquem, che l’indagato voleva aiutare a liberarsi dei due cognati con i quali erano nati dei dissapori, con modalità oltre che criminali, spregevoli», scrive la gip Lancieri . In cambio di 3100 euro, il finanziere gli propone di inserire i due ignari parenti nella lista antiterrorismo, indicandoli come soggetti sospetti ad aderire a frange estreme. E così fa: «Mosso dalla sua venalità non si è limitato a promettere, ma ha concretamente agito, incurante dei gravissimi danni che avrebbe potuto arrecare ai due malcapitati, che accusava falsamente».
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