«Sì alla piattaforma off-shore»

Il comitato “Vivere Venezia” ai parlamentari: progetto abbandonato in modo poco trasparente
Di Alberto Vitucci
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 14.04.2017.- Incontro tra il Presidente del Porto di Venezia Pino Musolino e rappresentanti del comitato No Navi.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 14.04.2017.- Incontro tra il Presidente del Porto di Venezia Pino Musolino e rappresentanti del comitato No Navi.

VENEZIA. «Recuperate l’off-shore. Unico strumento per non interrompere il dialogo con la Cina e non danneggiare la futura economia portuale». Un intervento netto, quello messo sul tavolo dal Comitato “Vivere Venezia”, che raccoglie 19 associazioni, categorie e ordini professionali del territorio veneziano come l’Anci, gli albergatori, gli industriali, artigiani e agenti immobiliari. Due pagine inviate al sindaco Brugnaro, al presidente della Regione Luca Zaia, al presidente del Porto Musolino e agli 11 parlamentari veneziani. La firma è quella di Ruggero Sonino, avvocato e presidente dell’Unione piccoli proprietari.

La richiesta è quella di chiarimenti e di un incontro per chiarire una situazione niente affatto chiara. «Nel corso della sua visita in Cina», scrive Sonino, «il premier Gentiloni ha parlato di Trieste e Genova come terminali italiani della nuova “Via della Seta Marittima”. Aggiungendo un “anche Venezia” che lascia più di qualche dubbio». «In tutti i documenti e nelle mappe diffuse già dal 2013 dal presidente Xi Jinping», continua Sonino, «i terminal mediterranei della Via della Seta sono stati individuati dal lato cinese nei porti di Pireo e Venezia. Come i cinesi hanno capito da tempo, aggiunge il presidente, «Venezia è il porto ideale, che minimizza il costo del trasporto». Per questo, visto il problema dei fondali di accesso, diventa importante la piattaforma d’altura. «Già approvata e prevista dal Patto per Venezia e dalla Legge Speciale. Ma anche finanziata in parte proprio dai cinesi». Un progetto che l’ex presidente del Porto Paolo Costa ha sostenuto con forza fino a qualche mese fa. Adesso sembra accantonato con l’accordo tra il ministro Delrio, il Porto e il Comune. «Non è una decisione trasparente», aggiunge senza mezzi termini il presidente di Vivere Venezia, «sovverte decisioni già prese. Frutto dell’arbitrio del principe sollecitato appare ovvio, dagli interessi triestini e genovesi. Un’inversione di rotta che secondo l’esponente del Comitato può compromettere lo sviluppo futuro non solo della portualità veneziana ma anche della logistica con base a Marghera».

Dopo qualche mese di silenzio, quando ormai sembrava acquisita l’alternativa delle banchine ad alti fondali (a Malamocco e non più in mare) il progetto Voops (Venice off-shore on-shore system) torna sul tavolo. Sostenuto a quanto pare da industriali e associazioni di imprenditori veneziani. Un costo di 2,3 miliardi di euro nell’ultima versione, un progetto da 4 milioni – in parte finanziato dai cinesi – affidato come ultimo atto da Costa e presentato a Ca’ Farsetti nel febbraio scorso.

Tante sono le perplessità, tecniche ed economiche, sul nuovo grande progetto. Le rotture di carico e il trasferimento dei container dalle grandi navi intercontinentali ai “mama vessels” che li dovrebbero trasportare a Marghera. Progetto adesso “sospeso” e in attesa di verifica. Un appello condiviso anche da Michele Mognato, ex vicesindaco e parlamentare di Mdp. «Bisogna potenziare il nostro porto commerciale», scrive, «abbiamo chiesto al governo di fare presto e convocare il Comitatone».

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