Sessanta boutique tutte le grandi griffe in vetrina a Rialto

VENEZIA. Certo, sarà impossibile dimenticare che l’abito di Valentino è incorniciato dalla volta del Canal Grande, come in una veduta del Settecento; e che gli infradito di pelliccia Ugg puntano non il camerino bensì il Palazzo dei Camerlenghi, con forza eguale e contraria a quella che spinge le borse di Balenciaga a sfiorare il ponte di Rialto mentre i sandali di Jimmy Choo se la raccontano con i tetti della città. È la location, la vista, la luce; è lo spazio immenso, le 450 finestre ciascuna delle quali vale un selfie, gli archi, le scalinate, il tutto sparpagliato a Venezia, a fare del nuovo T Fondaco il contenitore ideale del fashion per vere intenditrici, anche quelle “addicted”, in ogni caso proprietarie di solidi portafogli.
Nel suo primo store d’Europa, Duty Free Shop ha riunito sotto lo stesso velario la massima concentrazione di marchi esistente in Italia. Non c’è Milano che tenga. Da piano terra al terzo, in un susseguirsi di sessanta boutique, su folti tappeti colorati, tra poltroncine di velluto e davanti a specchi dorati, il meglio del made in Italy (con quale tocco foresto) si mostra sotto fari grossi così e guarda soprattutto a Oriente.
È sul binomio irresistibile lusso e laguna che Dfs ha concentrato ingegno e denari per vendere ciò che si può trovare anche altrove, ma che solo a Rialto ha la storia come voce senza prezzo nello scontrino fiscale. Forse cambia qualcosa - il tempo lo dirà - nell’aura della borsina di Gucci o nella pelle che sembra un guanto di Bottega Veneta, prime griffe a piano terra, a fianco del Food Hall con bottiglie di Barolo da 870 euro e alla caffetteria con arredi di Philippe Starck e gestita dalla famiglia Alajmo del Quadri. È lo scorcio dell’Erbaria che probabilmente renderà sensoriale l’esperienza di acquistare un ciondolo da Tiffany, che insieme a Bulgari, Damiani, Fendi, Lanvin, Max Mara e Valentino, occupano gli spazi dove un tempo i veneziani si mettevano in coda per pagare i bollettini postali.
Certo non se la passeranno male gli uomini che avranno il secondo piano interamente per loro, potendo disporre di capi di Brioni, Burberry, Ferragamo e un multimarca di alta orologeria che conta - tra gli altri - Cartier, Hublot, Omega e Panerai. Ma è trenta gradini più in alto, o un piano in ascensore più su tra i mattoni a vista dell’antico edificio, a far capire che T Fondaco s’è industriato parecchio. In un’unica sequenza da far stare male Carrie Bradshaw sono allineati i sandali di Caovilla e quelli di Jimmy Choo, i tronchetti di Aquazurra e gli stivaletti di Saint Laurent, le ballerine di Pretty Ballerinas e gli stivali di Stuart Weitzman. Dove finiscono le scarpe, inizia l’area beauty.
I vicini, comprensibilmente, sono sull’agitato. «Concorrenza a Coin Excelsior?», minimizza il vicepresidente Italia di Dfs, Roberto Meneghesso. «Loro hanno fatto un restauro molto bello ma noi vendiamo prodotti diversi. E poi l’intera zona dello shopping acquisterà valore».
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