Allarme lepri e colombacci aSant’Erasmo: «Mangiano i nostri raccolti»

Agricoltori di Sant’Erasmo esasperati dall’espansione incontrollata degli animali. C’è chi si affida al rumore di “cannoni a gas”, chi alle ronde notturne: ma non basta

Maria Ducoli
Una lepre su un campo a Sant'Erasmo
Una lepre su un campo a Sant'Erasmo

Potrebbe essere l’incipit di una favola, in cui un’isola sempre più spopolata e incolta deve fare i conti con un aumento di animali selvatici, che colonizzano gli spazi e le terre lasciate dai cittadini e, quei pochi rimasti, devono convivere con gli appetiti voraci delle bestie e i raccolti distrutti.

Se fosse una fiaba, probabilmente ci sarebbe un duello, animali contro umani, e qualcuno forse vincerebbe e si approprierebbe definitivamente dell’isola.

E, invece, fiaba non è. A Sant’Erasmo gli agricoltori si dicono disperati per l’aumento degli animali selvatici sull’isola, con sempre più lepri e colombacci che distruggono i raccolti. «Ogni anno sono sempre di più e minacciano i nostri investimenti e il nostro lavoro» spiega Carlo Finotello che con il fratello gestisce dieci ettari di terra.

«Sant’Erasmo è sempre più incolta e disabitata e per queste specie è il via libera per insediarsi. Siamo disperati, e nessuno interviene».

I colombacci volano in picchiata contro cavoli, castraure, verze, cappucci e radicchi, le lepri aspettano il buio per poter agire liberamente e cibarsi delle verdure che trovano, con il risultato di un raccolto dimezzato e danneggiato per le attività produttive.

L’associazione Osti in Orto, che gestisce cinque ettari e mezzo sulla punta sud verso Burano, lo scorso anno delle 75mila piantine di cavolo seminate, ne ha salvate solo 20 mila. «Vista la nostra posizione, in mezzo al nulla, siamo la realtà più colpita», spiega Mario Saviola, «fino al 2022 la situazione era sostenibile, poi è diventata un macello.

Le lepri sono arrivate sull’isola quando, anni fa, i cacciatori le facevano riprodurre. Poi loro se ne sono andati e gli animali sono rimasti e aumentati».

Davanti alla distruzione dei raccolti, gli agricoltori hanno cercato delle soluzioni tampone per mettere in salvo i loro prodotti, chi con delle reti e chi, come Saviola, si è attrezzato con un cannone a gas per allontanare gli uccelli.

Dal lunedì al venerdì, i primi colpi di cannone risuonano alle cinque di mattina fino alle 10, uno ogni quarto d’ora, poi dalle 17 alle 20 circa.

«In passato abbiamo avuto qualche malumore da parte dei residenti dell’isola, infastiditi dal rumore, ora però stanno iniziando a capire, perché vedono che la situazione è fuori controllo», racconta. Eppure, nemmeno gli spari fanno desistere i colombacci dalla corsa al loro nutrimento: «Anche tra un colpo e l’altro, gli uccelli ritornano.

Quanto alle lepri, possiamo fare poco visto che vengono di notte, fanno dei buchi nelle reti e raggiungono le verdure». Gli agricoltori le hanno provate tutte, ronde notturne comprese per cercare di catturare le lepri, ma niente sembra essere servito davvero. Se fosse una fiaba, sarebbe il momento in cui un aiutante va in salvo alla popolazione. Eppure, fiaba non è e le aziende agricole dicono di sentirsi abbandonate a loro stesse. «Nessuno fa nulla, la politica deve intervenire. Non reggeremo ancora molto, noi stiamo pensando di mollare se la situazione non si risolleva», avvisa Saviola.

Finotello fa sapere di aver avvisato la Coldiretti, per far sì che questa spinga sulla Guardia forestale affinché trovi una soluzione.

Gli agricoltori invocano una campagna di sterilizzazione per abbassare il numero, ma anche catture e abbattimenti, «con buona pace degli animalisti, non abbiamo nulla contro le lepri ma dobbiamo poter lavorare» conclude.

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