San Marco, le pompe non funzionano. E il nartece della Basilica va sott’acqua
Valvole intasate dai detriti. Nessuno interviene. Il proto Mario Piana: «C’è un problema di manutenzione e gestione»

VENEZIA. Le valvole contro l’acqua alta non funzionano. Così il nartece della Basilica viene di nuovo allagato. E gli interventi conclusi appena un anno fa e costati 2 milioni e mezzo di euro sono già inutili. È successo di nuovo. Prime acque alte di stagione, di livello “medio-alto”. Nessun problema, perché dalla fine del 2018 il nartece della Basilica è stato “messo in sicurezza”. Valvole agli angoli del pavimento in mosaico, tubi che collegano alle pompe situate all’esterno di San Marco. Ma qualcosa non ha funzionato. Le valvole si intasano, l’acqua resta ferma sul pavimento. E le pompe non funzionano. Risultato: San Marco va di nuovo sott’acqua.

«È vero», conferma l’architetto Mario Piana, proto della Basilica, «si dovrà trovare una soluzione nella gestione di quest’opera. I problemi sono due: la difficoltà di intervenire sul sistema che è posto sotto la sabbia e i masegni, due metri sotto la superficie del pavimento marciano. E a chi dev’essere in carico la manutenzione».
Per intervenire sulle pompe adesso occorrono due giorni di lavoro. Si deve scavare, mettere allo scoperto la pompa e pulire i filtri. Che, come forse non era stato previsto nel progetto originario, si intasano facilmente e bloccano il sistema di pompaggio dell’acqua. Un rimedio potrebbe essere quello di studiare un sistema di esplorazione del sottosuolo che si possa fare anche in emergenza. Con retino metallico collocato sotto i masegni. Un problema venuto alla luce in questi giorni. Sabbia, terra, detriti, cicche di sigarette, carte. Il meccanismo si blocca. E nessuno ha la competenza intervenire.
Il secondo problema è quello della gestione. L’intervento di messa in sicurezza del nartece è stato finanziato dal Provveditorato alle Opere Pubbliche, progetto esecutivo a cura di Thetis, eseguito dalla ditta Renzo Rossi per conto del Consorzio Venezia Nuova sotto la stretta sorveglianza della Procuratoria e della Soprintendenza. Ma adesso non è stato ancora stabilito chi dovrà “gestire” l’opera. Un po’ quello che succede, in grande, con il Mose.
Dopo meno di un anno il sistema è andato un tilt. La polvere e i rifiuti trasportati dalla corrente hanno intasato i piccoli tombini di gomma e le valvole impiantate per convogliare le acque nella pompa fuori dalla Basilica. Con la marea di una settimana fa, dicono i tecnici, si è rischiato addirittura di vedere il pavimento allagato con l’acqua proveniente dalla Piazza e non da sotto. Rischio evitato per soli due centimetri.
Adesso occorrerà decidere rapidamente di chi sia la responsabilità della gestione di un’opera così delicata a importante per la salvaguardia della Basilica. Si doveva firmare una convenzione per affidare la gestione - e la responsabilità - delle chiusure. Ma non si è visto nulla.
Intanto, con l’arrivo della stagione invernale e il picco delle acque alte, il sistema è già in tilt. Con il rischio che nonostante i lavori, il pavimento di San Marco vada sotto comunque. Con l’aumento delle acque alte e il rialzo del livello medio del mare - quest’anno registrato a 35 centimetri sopra lo zero fissato a inizio secolo - gli allagamenti sono sempre più frequenti. Le acque alte si verificano adesso anche nei periodi estivi. Dal 2010 a oggi gli eventi sono triplicati rispetto a vent’anni fa. Le pompe sono l’intervento sperimentale per ridurre gli allagamenti del 70%. Ma non funzionano. —
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