San Donà, bambino dislessico bocciato a processo preside e professore

Rinviata a giudizio anche una dipendente della segreteria dell’istituto Nievo Secondo l’accusa “attestavano falsamente di aver protocollato il piano didattico personalizzato”
La scuola media Ippolito Nievo
La scuola media Ippolito Nievo

SAN DONA'. Sarebbe tutta colpa di un timbro. Andranno a processo con l’accusa di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici in concorso l’allora dirigente scolastica dell’istituto comprensivo “Ippolito Nievo” Morena Causin (difesa dall’avvocato Giovanni Seno), il docente coordinatore della classe Roberto Boccato (avvocato Valentina Boato) e la dipendente della segreteria scolastica Maria Luisa Lucadello (avvocati Pietro e Renato Speranzoni).

Lunedì i tre sono stati rinviati a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare Alberto Scaramuzza su richiesta del pubblico ministero Massimo Michelozzi. Il processo si aprirà il 6 luglio davanti alla giudice monocratica Daniela Defazio.

A far scoppiare il caso sono stati i genitori di un ragazzino, difesi dagli avvocati Angelo Lorenzon e Nicoletta Masier, che frequentava la scuola media di quell’istituto comprensivo nell’anno scolastico 2011-2012. All’inizio delle lezioni, mamma e papà dello studente avrebbero presentato alla scuola la documentazione medica che attestava la dislessia del figlio. La normativa prevede che per gli allievi con diagnosi di disturbi dell’apprendimento venga predisposto il cosiddetto “piano didattico personalizzato”, ossia il patto d’intesa fra docenti, famiglia e istituzioni sociosanitarie nel quale vengono definiti gli interventi e gli strumenti che servono all’alunno per raggiungere il successo scolastico.

È dopo la bocciatura del ragazzo arrivata a giugno 2012 (per la quale il Tar ha rigettato la richiesta di sospensiva) che i genitori avevano chiesto di poter avere accesso alla documentazione inerente al loro figlio. Ed era stato in questo momento che, secondo l’accusa formulata dalla Procura, sarebbe scoppiato il caso. Stando al capo d’imputazione, l’allora dirigente scolastica, il professore e la dipendente della segreteria «attestavano falsamente essere stato protocollato in data 19 dicembre 2011 il piano didattico personalizzato per l’alunno e apponevano o facevano apporre un timbro riportante la medesima data e numero di protocollo sul frontespizio del piano, in realtà formato successivamente a tale data».

Altra anomalia riscontrata nel piano dell’alunno è relativa alle firme: il documento, infatti, dovrebbe essere firmato da tutto il consiglio di classe e sottoscritto dai genitori. Quello del ragazzino in questione, invece, sarebbe stato firmato esclusivamente dalla dirigente scolastica e dal docente coordinatore della classe. Per conto della famiglia dell’alunno, gli avvocati Lorenzon e Masier ieri hanno depositato l’atto di costituzione di parte civile chiedendo per il momento 10 mila euro come danno morale ed esistenziale per il ragazzino e 5 mila euro a testa per i genitori come danno morale.

 

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