Ricominciare dalla terra e da 3.650 piante locali. «Io, architetto di grido sto imparando a vivere»

MARTELLAGO. La nonna Amelia, con la sua casa di campagna, l’orto dove piante e fiori condividevano lo spazio e i campi coltivati con le siepi, sono la poesia rimasta nell’animo di Endrius Rocco, giovane architetto di successo a Milano. Endrius un giorno decide di voler rivivere quella poesia. Ma questa volta sarà la sua poesia e con la moglie Pamela Colorio, anche lei architetto, torna alle origini realizzando un’azienda agricola bio in via Olmo a Martellago, con annesso agriturismo. Nella terra che lo ha visto crescere, inizia la nuova stagione della sua vita. Ha scelto di ripartire dalle sue radici.
Nel 2011 la coppia inizia un progetto pilota di “riqualificazione e sostenibilità ambientale” di un’area agricola di circa 6 ettari che si trova tra Olmo di Martellago e Mestre. Endrius proviene da una famiglia di origine agricole, i genitori si spaccavano dal lavoro e lui li vedeva ben poco. Trascorre la sua infanzia con nonna Amelia che gli trasmette i valori e la passione per la terra.
Un imprinting profondo che però sembra svanire quando, dopo la laurea in Architettura, va a lavorare a Milano. Racconta che la metropoli, a 24 anni, ti rapisce, ti apre orizzonti fino ad allora impensabili. Certo non hai voglia di fare l’imprenditore agricolo, o meglio come preferisce lui, il contadino. L’architettura e l’edilizia, quindi, lo conquistano. Ha senso pratico, voglia di imparare ed è eclettico.
Le soddisfazioni non mancano. Lavora per la realizzazione di grandi opere a Milano, grattaceli, centri commerciali, collabora per la realizzazione del padiglione Zero e Centre dell’Expo, si occupa di progetti di ristrutturazione di importanti edifici storici piuttosto che della realizzazione della Stazione di Torino Porta Susa. E non gli manca neppure l’esperienza di docente al Politecnico di Milano.
Ma c’è qualche cosa che inizia a farsi sentire. Non è la nostalgia per la campagna. È qualche cosa di più profondo: la voglia di stare bene. E con lui tutta la sua famiglia. È in questo momento che riappare la figura di nonna Amelia e la poesia della sua casa e dell’equilibrio di quello che ci stava attorno.
Racconta Rocco: «L’idea di vedere realizzati dei progetti che solo pochi mesi prima erano solo sulla carta mi dava un’adrenalina e una soddisfazione impagabili, ma c’era un aspetto che in qualche modo mi deludeva, ovvero una mancanza di connessione vera con l’ambiente, con i ritmi della natura, una sorta di perdita di identità. Ecco che ritornare ai ritmi della terra, pensare ad un progetto sostenibile, interdisciplinare, capace di far risaltare la natura e valorizzarla, di ripensare al concetto di agricoltura ed architettura, mi era parsa una nuova sfida, stimolante ed educativa, anche per le mie figlie adolescenti».
Inizia così l’esperienza di imprenditore agricolo a 44 anni partendo da un appezzamento di terra sfruttato, a cui ridona un corretto assetto idraulico funzionale con la piantumazione di 3650 essenze arboree autoctone. Numero importante perché determinerà il nome all’azienda: Habitat 3650. Carpini, querce, pioppi, ciliegi, noci e ancora piante di acero, gelsi, sambuco, noccioli creano boschetti, siepi e fasce tampone, proteggendo i 6 ettari che diventano un’area di rifugio della micro fauna e di tutela della biodiversità. Nell’area sorge una struttura ricettiva realizzata in bioedilizia a zero emissioni. «Lavorare con i ritmi della natura ci sta insegnando a vivere», spiega Endrius, «Una campagna prima arida ora ci sta donando frutti, piante, ortaggi, vino e una bellezza coinvolgente anche per gli ospiti». —
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