Rialzo dell’isola delle Tresse, passo avanti Ieri il progetto in Salvaguardia: voto il 19

La richiesta di Porto e Provveditorato. E l’opposizione degli ambientalisti. Discarica da 3 milioni di metri cubi di fanghi



Un passo avanti per ampliare la discarica fanghi dell’isola delle Tresse. Ieri mattina la sottocommissione tecnica di Salvaguardia ha ascoltato le relazioni dell’Autorità portuale, della società Tressetre – gruppo Mantovani – che ha l’incarico di smaltire i fanghi scavati e gestire l’isola. E il geometra Valerio Volpe, del Provveditorato alle Opere pubbliche. Sono state chieste integrazioni ai documenti, e adesso la commissione è stata convocata per il voto finale il 19 dicembre.

«Per noi è un’urgenza», ha spiegato Volpe, «non sappiamo più dove mettere i fanghi scavati». A sollecitare il progetto anche l’Autorità portuale, alle prese con il problema dei dragaggi per garantire l’entrata in porto delle navi. «Sono dragaggi manutentivi», precisano i sindacati, che hanno annunciato sciopero se gli scavi non saranno fatti. Altra partita è quella dei grandi scavi, propedeutici al passaggio delle grandi navi da crociera. Su questo punto gli ambientalisti annunciano battaglia.

Il progetto per l’ampliamento delle Tresse prevede il rialzo del bordo dell’isola dai 9 metri e 50 fino a 13 e 50 sul livello laguna. In questo modo, consolidando anche le basi dell’isola, si potrebbero scaricare lì altri 3 milioni di metri cubi di fanghi.

Le obiezioni riguardano gli scavi «Solo la manutenzione necessaria», dicono al Porto. Per far passare le grandi navi portacontainer e le navi da crociera con il bacino di evoluzione occorrerà però scavare, Così per rendere navigabile il Vittorio Emanuele.

La seconda criticità riguarda i costi. Gli ambientalisti hanno annunciato la presentazione alla Procura di un corposo dossier. «Se si attrezza l’isola a ricevere altri fanghi», dicono, «va rivista la concessione tra Regione e società Tressetre. È stata rinnovata senza clamori qualche mese fa fino al 2020. Prevede un prezzo unitario per ogni metro cubo di fango da smaltire, 13 euro e 70. «Sarebbe necessaria la revisione di quella concessione», accusano, «perché altrimenti l’ente pubblico potrebbe pagare quel materiale molto di più di quello che costa lo smaltimento». Questione delicata. Proprio da un’indagine sullo scavo dei fanghi era partita dieci anni fa la grande inchiesta sui fondi neri del Consorzio Venezia Nuova. C’è dunque molta attenzione su questo aspetto.

Si attende anche di sapere che fine abbia fatto il Protocollo fanghi. Invocato come la soluzione da Porto e Comune. Il Provveditore in pensione da settembre Roberto Linetti lo aveva inviato al ministero per l’Ambiente dopo aver ottenuto il parere dell’Avvocatura generale dello Stato.

La nuova classificazione semplifica lo stoccaggio dei fanghi scavati. E consente di movimentarli più velocemente, forse anche a cisti minori. Il problema resta dove mettere i fanghi inquinati (tipo «C» secondo la classificazione ancora in vigore. Sono sedimenti inquinati, spesso da diossine e idrocarburi e metalli pesanti.

E devono essere trattati in discarica Anche qui si tratta di costo. Il prezzo di fanghi trattati è molto più alto di quelli di tipo «A» e di tipo «C»

Nell’isola delle Tresse, la discarica realizzata una quindicina di anni fa per la Regione dal commissario straordinario – e dirigente regionale – Roberto Casarin prevedeva il ricovero di fanghi di tipo «C» e «B». Quelli di tipo «A», in teoria puliti, venivano utilizzati per la costruzione delle barene artificiali a cyra del Consorzio Venezia Nuova ma adesso il sistema è fermo. manca anche secondo il provveditorato, il nuovo Piano morfologico.

Il 19 intanto la commissione di Salvaguardia voterà sul progetto. —



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