Processo al clan dei Casalesi. Fabio Gaiatto, da condannato per truffa a vittima

L’ex trader di Portogruaro sarebbe stato vittima di estorsioni e avrebbe ricevuto minacce di morte per restituire 7 milioni a Faè

ERACLEA. Dalla condanna a 15 anni per truffa alla richiesta di risarcimento come vittima nel maxi processo contro la camorra di Eraclea. C’è anche l’ex trader Fabio Gaiatto nell’elenco delle parti civili ammesse nel maxi processo al clan guidato da Luciano Donadio, accusato dai pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo di aver “drogato” per oltre un decennio la vita economica, sociale e politica del comune di Eraclea e del litorale, con violenze, estorsioni, minacce, prestiti a tassi d’usura, false fatturazioni, riciclaggio, voto di scambio, rapine, armi, incendi per ritorsione.



La vicenda dell’ex trader di Portogruaro, del resto, si è più volte intrecciata con alcuni dei protagonisti della maxi inchiesta condotta dalla Dda di Venezia. Dai quali avrebbe ricevuto estorsioni di stampo mafioso e minacce di morte, protrattesi secondo l’accusa dal luglio 2017 all’agosto 2018.

I legami tra Gaiatto e i camorristi non erano certo un segreto. Lo stesso broker avrebbe detto in più occasioni: «Io gestisco anche i soldi della camorra». E a riferirlo, nelle carte giudiziarie, era stato proprio uno dei truffati, un imprenditore portogruarese attivo nel comparto dell’arredamento, ai poliziotti da cui era stato sentito come persone informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta sui Casalesi, attivi tra Eraclea e il litorale. «Verso la fine del mese di ottobre, Gaiatto si era presentato nei miei uffici, ricordo che era un sabato, e mi disse testualmente “Te lo dico gentilmente non parlare più con nessuno degli affari passati o presenti che facciamo io e te... Perché io gestisco soldi anche della camorra... Le voci sono giunte a San Donà, Jesolo ed Eraclea», si legge verbale di sommarie informazioni testimoniali.

E infatti, nelle carte dell’inchiesta risulta come tra i suoi clienti ci fosse anche Samuele Faè, accusato di essere il “bancario” del clan. La Procura di Venezia ha ricostruito che Gaiatto sarebbe stato minacciato «di ritorsioni gravi da appartenenti alla criminalità organizzata» per restituire 7 milioni (con gli interessi) che Faè gli avrebbe consegnato come investimento, oltre a 250 mila euro a Donadio, quale mediazione per il sodalizio. «Costi quel che costi deve tirare fuori il danaro» di Faè», aveva detto Donadio, o ci sarebbe «scappato il morto».

Gaiatto al momento sta scontando la condanna a 15 anni e 4 mesi di reclusione per associazione per delinquere, truffa aggravata, abusivismo bancario e finanziario, auto riciclaggio, per aver mandato in fumo i 26 milioni di risparmi che gli avevano affidato 1.174 persone. Ma dal suo avvocato difensore, nel processo al clan Donadio in cui si è costituito parte civile, è già arrivata la richiesta di risarcimento di 300 mila euro. —

eugenio pendolini. © RIPRODUZIONE RISERVATA .

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