Porto Marghera: Eni, carburante dai rifiuti: trovato il sito per l’impianto

MARGHERA. Sarà realizzato a Porto Marghera, in un’area industriale dismessa di proprietà dell’Eni, il primo mega impianto “Waste to fuel” italiano ed europeo, per produrre biocarburanti dagli scarti alimentari e dalla frazione organica dei rifiuti domestici.
Il nuovo mega impianto industriale sarà in grado di trattare fino a una quantità massima di 150 mila tonnellate di rifiuti all’anno, trasformandoli, attraverso un processo industriale messo a punto e brevettato da Eni, in olio per biorcarburanti.
Si tratta di un investimento nell’ordine di circa 60 milioni di euro per realizzare un impianto ad alta tecnologia che potrebbe impiegare almeno una quarantina di operatori, fra addetti diretti e indiretti quando l’impianto sarà in marcia, a cui si aggiungono le imprese terze per i lavori di costruzione.
Poco più di un anno fa Eni Rewind (l’ex Syndial) e la multiutility controllata del Comune, Veritas spa, hanno sottoscritto un accordo in base al quale «Veritas fornirà almeno 100 mila tonnellate anno di Forsu (la frazione organica dei rifiuti solidi urbani) e altre frazioni di scarti a matrice umida provenienti dalla raccolta differenziata dell’area metropolitana di Venezia e dal mercato di settore», mentre la società dell’Eni oltre a mettere a disposizione un’area di proprietà già bonificata «realizzerà e gestirà l’impianto industriale che applicherà la nuova tecnologia di cui è proprietaria, il “Waste to fuel” , studiato per produrre biocarburanti che permetterà, allo stesso tempo, di riciclare le grandi quantità di scarti alimentari e dalla frazione organica dei rifiuti domestici».
Ora l’area è stata individuata e si sta lavorando alla progettazione vera e propria dello stabilimento che sarà realizzato nell’area ex AM8 denominata “Isola 46”, dietro all’area ex Sirma e affacciata sul canale Sud.
Il processo industriale che sarà realizzato con il “Waste to fuel” è stato messo a punto dal Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara ed è poi stato sperimentato dal punto di vista industriale nell’impianto pilota di Gela, avviato con successo alla fine del 2018. Eni punta molto su questa tecnologia perché, come ha spiegato, «può permettere la realizzazione di impianti industriali su grande scala, contribuendo alla gestione sostenibile dei rifiuti urbani nelle grandi aree metropolitane».
In questo ambito rientrano le intese sottoscritte da Eni per la «promozione dell’economia circolare e per la riqualificazione produttiva dei siti e degli asset», come previsto dagli accordi che la stessa Eni ha già firmato con Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) per avviare iniziative congiunte su questo campo.
La materia prima necessaria al processo “Waste to fuel” è la Forsu (Frazione Organica dei Rifiuti Solidi Urbani) ed è costituita dagli avanzi e dai residui di cibo, ma anche dagli scarti dell’industria agroalimentare. Da 100 chilogrammi di massa organica si generano fino a circa 14 chilogrammi di bio olio che può essere utilizzato come carburante per le navi oppure impiegato per la produzione di bio carburanti “avanzati”.
L’acqua contenuta nel rifiuto organico - fino al 70 per cento del suo peso, proprio per questo si parla di rifiuto “umido” – viene totalmente recuperata per usi industriali. «Con questa tecnologia», spiega Eni Rewind, «si imita in poche ore quel processo naturale con cui la Terra ha generato gli idrocarburi da organismi antichissimi, impiegando centinaia di milioni di anni. Il cuore della tecnologia è la termoliquefazione, processo termochimico in soluzione acquosa che trasforma la biomassa di partenza in una sorta di “petrolio biologico” o bioolio».
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