«Pili, dati catastali modificati dodici anni dopo l’acquisto»

Gianni Favarato
«Come mai le particelle catastali dell’area di proprietà di Porta di Venezia spa ai Pili, a Porto Marghera in prossimità della base del Ponte della Libertà, individuate nell’atto di acquisto dalla Patrimonio dello Stato spa del 28 febbraio 2006 sono state variate in modo significativo a seguito di due atti di rettifica del febbraio 2018 e del marzo 2019?».
A porre il quesito alla Procura regionale della Corte dei Conti è l’architetto Alberto Bernstein, esperto in bonifiche ambientali di Porto Marghera che ha collaborato con il Magistrato alle Acque e il Consorzio Venezia Nuova.
L’architetto, dopo aver consultato i documenti catastali sull’area di 40 ettari acquistata dalla società che fa capo al sindaco, Luigi Brugnaro, pagando 5 milioni di euro, chiede alla Corte dei Conti «una valutazione della correttezza procedurale anche sotto il profilo amministrativa e patrimoniale» di queste «rettifiche notarili attivate a 12 anni di distanza dall’acquisto dell’area, senza partecipazione della società venditrice, la Patrimonio dello Stato spa che fa capo al ministero dell’Economia e delle Finanze. Queste variazioni hanno determinato una specie di permuta tra un’area lagunare non utilizzabile in un progetto di valorizzazione e un’altra area utilizzabile in un eventuale processo di valorizzazione immobiliare». Il quesito, in sostanza, riguarda in particolare una porzione di area interrata e già di proprietà del Demanio, dove il progetto di Porta di Venezia spa prevede la realizzazione di una darsena, accanto ad un Palasport da 5 mila posti. «La compravendita è avvenuta senza obiezioni o riserve, malgrado vi fossero alcune evidenti “stranezze” nel patrimonio trasferito, spiega Bernstein nel suo esposto. Alcune aree demaniali, ottenute dall’imbonimento autorizzato, non erano state considerate nella scheda patrimoniale demaniale e nelle mappe catastali che si riferivano alla situazione antecedente l’imbonimento, per cui il compendio trasferito alla Patrimonio dello Stato spa e successivamente acquistato da Porta di Venezia spa risulta separato in due parti non continue, separate a loro volta da un ex canale lagunare mentre una parte delle aree trasferite era ed è tuttora costituita da barene lagunari, che vengono sommerse dalle acque alte e che sono protette da qualsiasi modificazione dal Palav e dalla legislazione di Salvaguardia di Venezia».
«Gli atti di rettifica catastale del 2018 e 2019», prosegue l’esposto, «successivi alla procedura di vendita” hanno finito per “modificare l’oggetto della cessione e in astratto non è da escludere che altri soggetti avrebbero partecipato all’asta indetta dalla Patrimonio dello Stato spa se avessero avuto contezza dell’effettiva consistenza e caratteristiche delle aree messe in vendita».
«Queste stranezze», sottolinea l’esposto, «sono scomparse grazie alle rettifiche notarili» con il risultato che dopo queste «le aree di proprietà di Porta di Venezia spa sono tutte emerse e tutte urbanisticamente valorizzabili». «Appare così evidente», conclude l’esposto, «il diverso valore tra l’area di barena inutilizzabile ceduta e l’area emersa acquisita, anche se di minor superficie, già caratterizzata da Agip-Eni al momento della retrocessione delle aree ex lagunari imbonite al Demanio-Magistrato alle Acque nell’aprile 2005, che potrebbe valere anche 100 euro al metro quadro». Ben di più dei 12 ero pagati da Porta di Venezia spa nel 2006. —
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