Paralisi per i tuffi dai pontili, è allarme: 18enne paralizzato nel giorno del suo compleanno

Franco Guida, primario di Neurochirurgia all’Angelo di Mestre: «A rischio sono soprattutto i giovani turisti stranieri»
DE POLO - DINO TOMMASELLA- JESOLO LIDO - VEDUTE DELLA GENTE IN SPIAGGIA DA TERRA E DALL'ALTO
DE POLO - DINO TOMMASELLA- JESOLO LIDO - VEDUTE DELLA GENTE IN SPIAGGIA DA TERRA E DALL'ALTO

JESOLO. Giovani turisti stranieri tra i 20 e i 30 anni: questo l’identikit di chi negli ultimi tempi ha rischiato la propria vita per un tuffo da pontili o dighe lungo il litorale veneziano. Un problema che la scorsa estate ha presentato risvolti drammatici con 15 casi, una cinquantina nell’ultimo quinquennio. Distrazioni fatali, spregiudicatezza e ingenuità sono alla base degli incidenti, e chi poi deve cercare di porre rimedio alle fratture alle vertebre cervicali di queste persone sono i neurochirurghi dell’Ospedale dell’Angelo a Mestre, impegnati a salvare la vita o evitare una paralisi a chi ha trasformato in una frazione di secondo un momento di gioia in un dramma.

«È significativo che negli anni più recenti siano per la stragrande maggioranza bagnanti stranieri a subire danni a causa di banali tuffi nelle nostre spiagge», afferma Franco Guida, primario di Neurochirurgia all’Angelo, «l’ultimo caso, affrontato la scorsa settimana, è quello di un giovane villeggiante scandinavo che lunedì è potuto tornare a casa. È positivo, quindi, che tra i bagnanti italiani si sia diffusa la consapevolezza che tuffarsi da luoghi in cui non è concesso, o in momenti in cui la visibilità è scarsa o ancora la marea è bassa, è un modo assurdo per divertirsi. Resta preoccupante che a farsi male, a volte anche in modo serio, siano spessissimo i giovani turisti stranieri che evidentemente hanno meno dimestichezza con le maree e le correnti delle nostre acque».

In estate aumentano i traumi derivati da incidenti, non solo in spiaggia ma anche lungo le strade, e pertanto l’allerta nelle sale operatorie dell’Angelo è sempre massima. «In altre località balneari estere che presentano lo stesso problema», prosegue il dottor Guida, «sono stati introdotti metodi di allerta anche semplici e funzionali come le boe rosse di pericolo, che emergono nel momento in cui la marea è bassa. Ma poi occorre che si diffonda la consapevolezza a non porsi a rischio in un modo così banale: si eviterebbero le decine di incidenti che avvengono ogni anno sulle nostre spiagge. Penso alla bravata di un ragazzo che tempo fa stava festeggiando proprio a Jesolo i suoi 18 anni, e dopo aver mangiato ha deciso di tuffarsi in mare rimanendo poi tetraplegico. Ci sentiamo in obbligo, come medici, di alzare la mano e dire a tutti di stare attenti. Siamo di fronte a un problema che si trascina da anni purtroppo, e delle spiagge in questo senso non si deve abusare».

Non ci sono località più a rischio di altre lungo il litorale veneziano, ma le maree possono essere una grande insidia e nella metà dei casi, chi ha sbattuto la testa ha poi avuto pesanti conseguenze sulla sua qualità della vita. «Gli interventi chirurgici di questo genere sono ormai divenuti routine, ma nel caso del turista scandinavo abbiamo dovuto studiare molto bene la procedura da seguire», conclude il neurochirurgo dell’Angelo, «chi incappa in questi incidenti rischia seriamente di rimanere tetraplegico o comunque menomato nei movimenti. Un urto o un impatto vanno a colpire le vertebre; queste, fratturandosi, comprimono il midollo al proprio interno e il danno è fatto con un handicap tanto grave quanto è grave il danno al midollo stesso. Serve prudenza, non ci stancheremo mai di dirlo».

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