Operaio morto alla Polimeri tre condannati a dieci mesi

MARGHERA. Il 13 luglio di tre anni fa, il 44enne operaio romeno Michai Sadagurschi era morto nell’ennesimo incidente sul lavoro al Petrolchimico di Marghera, tra gli impianti della Polimeri Europa. Ieri il giudice veneziano Marta Paccagnella ha con la sua sentenza sancito l’accordo tra il pubblico ministero Angela Masiello e i difensori di tre dei sette imputati di omicidio colposo, che sono stati condannati a dieci mesi di reclusione: si tratta di Danilo e Nicolò Marcato, rispettivamente 67 e 44 anni di Mirano e Mira, e il catanese di 46 anni Carmelo D’Agosta. Mentre sono stati rinviati a giudizio (il processo davanti al giudice monocratico è stato fissato per il 13 febbraio del prossimo anno) Renato Ferrini, 56 anni di Dolo, Antonio Muscatiello, 66 anni di Manfredonia, Roberto Ugolini, 41 di Milano. Infine, il magistrato ha disposto il non doversi procedere per il settimo indagato, Roberto Capuzzo, 50 anni di Spinea.
Una morte atroce e assurda quella di Michai, maturata nell'ambito del complesso e sfuggente mondo degli appalti. Gli ispettori dello Spisal avevano depositato in Procura le testimonianze dei colleghi al lavoro con la vittima al momento dell'incidente, ma anche dei titolari della Marcato srl di Malcontenta che aveva l'appalto delle manutenzioni alla Polimeri; della Belmont di Pavia che aveva temporaneamente «distaccato» il suo dipendente Michai Sadagurschi per metterlo a disposizione della Marcato e, infine, i dirigenti di Polimeri Europa, società dell'Eni committente dell'appalto.
Il processo dovrà accertare cosa è realmente successo quel mercoledì mattina, intorno alle dieci, negli impianti di Polimeri Europa. In primo luogo si dovrà chiarire perché Michai e due suoi collegi hanno deciso di spostare «manualmente» la gigantesca e pesante flangia, un disco di metallo di 800 chili che ha schiacciato l’operaio sotto il suo peso, alta quasi due metri e larga meno di mezzo metro, che permette di accoppiare i tubi che trasportano vapore in pressione. Dalle prime testimonianze raccolte sul luogo dell'incidente sembra, infatti, che i tre operai abbiano deciso di spostare manualmente la flangia in quanto il braccio della gru che stavano utilizzando per sollevarla non arrivava ad agganciarla. Se ciò fosse davvero accaduto, si tratta di stabilire perché i tre operai hanno deciso di eseguire manualmente un'operazione così a rischio, ovvero spostare a mano la pesantissima flangia che poi non sono riusciti a tenere in equilibrio ed è finita addosso a uno di loro. È stata una decisione autonoma oppure è stato un ordine? La prima a sollevare dubbi era stata la segreteria della Fiom veneziana che, in un comunicato, si chiedeva perché «i nostri sindacalisti giunti sul posto subito dopo l'accaduto si sono visti impedire l'accesso alla portineria e sono stati bloccati sulla strada dagli addetti alla vigilanza?». (g.c.)
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