Nuova macelleria a Rialto:venderà anche cibo da asporto

VENEZIA. A Rialto una nuova macelleria. Con servizio di cibi cotti da asporto a base di carne. Una «buona notizia», nell’epoca in cui il mercato è più famoso del mondo fa parlare di sè soltanto per la crisi e le chiusure delle attività.
Il nuovo negozio dovrebbe aprire i battenti tra poco. Di fronte alla banca e all’orologio, dove era fino a qualche anno fa un’altra attività di rivendita carni.
«Una bella notizia», commentano gli operatori del mercato. A Rialto infatti di macellerie ne sono rimaste soltanto un paio. La rivendita di Marino Ragazzo, di fronte al vaporetto, quella di carni equine proprio lì accanto. Stop. Una tristezza per un mercato che solo pochi anni fa contava decine di macellerie e luganegheri. Chiudono anche le macellerie nel resto della città. Ne sono rimaste alcune a Cannaregio, a Castello, alla Giudecca. Ma l’associazione dei becheri e luganegheri, che contava centinaia di iscritti negli anni Settanta, adesso ha visto ridurre drasticamente la sua attività. Il calo degli abitanti non supportato da i turisti, studenti e lavoratori che risiedono in città. I turisti mordi e fuggi e quelli degli alberghi, che sono la grande maggioranza, certo non comprano bistecche.
Calo drastico anche dei banchi del pesce e della verdura. Per gli stessi motivi. Adesso si intrecciano grida di allarme e progetti. Molti ristoratori e rivenditori propongono di rivitalizzare il mercato, così come le associazioni. Si parla della Peschera e dell’edificio della Loggia, ora di proprietà della Fondazione Musei. Ma non succede nulla.
Intanto le botteghe chiudono. Compresa l’ultima rivendita del pesce che aveva attrezzato proprio in Erberia un negozio di alta qualità. Chiuso anche quello per difficoltà finanziarie.
Adesso, la buona notizia. Un macellaio riapre i battenti. E forse potrebbe dare un piccolo grande segnale di inversione di tendenza. Volontà di sfidare la crisi del mercato con la qualità.
Anche i suoi concorrenti gli augurano di far bene. «Un mercato con due negozi», dicono, «non sarebbe più un mercato». —
A.V.
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