«Nostro figlio e gli amici sono morti due volte»

Lo sfogo dei genitori di Riccardo Laugeni: «Il responsabile della strage è ai domiciliari nel nostro paese, loro al cimitero»
BARON - TOMMASELLA - SAN DONA' - LAUGENI RICCARDO
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MUSILE. «Nostro figlio e gli altri ragazzi uccisi due volte». Non hanno dubbi Marco e Romina Laugeni, i genitori di Riccardo che era alla guida dell’auto speronata il 14 luglio in via Adriatico a Jesolo. Una data segnata a fuoco nel calendario delle stragi sulla strada. Con il 22enne di San Donà, figlio di Marco Laugeni, conosciuto e rispettato vice comandante della stazione carabinieri, morirono tragicamente i coetanei Eleonora Frasson con il fidanzato Leonardo Girardi e Giovanni Mattiuzzo, tutti di Musile.

Giorgia Diral è stata la sola sopravvissuta, fidanzata di Laugeni, uscita miracolosamente dall’auto, la Ford Fiesta di Riccardo, rovesciata nel canale di via Pesarona.

La famiglia Laugeni come le altre tre coinvolte, sta vivendo un dolore che non finirà mai. Ma per non morire dentro, sta organizzando iniziative a favore delle vittime della strada, tra le quali un appuntamento allo spazio Zenit di San Donà il 27 ottobre, assieme gli organizzatori delle iniziative benefiche per Amatrice. Ora che le perizie sull’incidente hanno accertato che l’unico responsabile della strage è il 27enne rumeno Alin Marius Marinica, ancora ai domiciliari a Musile, la famiglia Laugeni si sfoga, pur nella compostezza e il rispetto umano.

«Lui ha colpito la macchina dei ragazzi provocando l’incidente» commentano con voce ferma Marco e Romina Laugeni «e li ha poi lasciati morire in quel canale pieno d’acqua e di fango. Le perizie non parlano di specchietti che si toccano, ma danni alla fiancata. Ora è tutto chiaro, anche per quelli che avevano manifestato dei dubbi e insinuato certe voci. Nostro figlio era un ragazzo prudente alla guida, non aveva bevuto, mai abbiamo avuto dubbi. Ci aspettiamo una pena esemplare per Marinica. E non troviamo giusto che lui sia ai domiciliari proprio a Musile, dove noi come gli altri genitori abbiamo i ragazzi sepolti al cimitero. Tutti i giorni ci rechiamo a salutarli e dobbiamo accettare che lui sia a casa sua, nella stessa cittadina».

La vita non può continuare come prima. “Muore giovane chi è caro agli dei”, recitava il commediografo greco Menandro. Gli antichi pensavano fosse meglio morire nel pieno vigore e serenità, piuttosto che consumato dalle malattie e la sofferenza nella vecchiaia. Ma queste quattro vite spezzate hanno distrutto la vita di altrettante famiglie, segnato una comunità che ne ha condiviso il dolore. Ora che l’onda emotiva si è placata con un lento riflusso, sono spesso soli nello strazio. Non ci sono più fasce tricolori o autorità dopo i funerali. «Per questo» aggiunge la mamma di Riccardo «vogliamo impegnarci per chi purtroppo vive queste tragiche esperienze legate agli incidenti stradali. E come abbiamo potuto vedere nelle cronache, sono in tanti. Vorremo fosse aperto uno sportello nel territorio dedicato alle famiglie di vittime della strada, che dia un supporto anche psicologico, oltre che finanziario per chi ne avesse necessità. Possono essere organizzati eventi, momenti firmativi, iniziative di sensibilizzazione. Il 27 ottobre iniziamo con questo appuntamento allo spazio Zenit di San Donà in cui sarà organizzata una cena per raccogliere dei fondi e non dimenticare». —

Giovanni Cagnassi

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