Le nonne volontarie di Ca’ Letizia servono 120 pasti al giorno

Una squadra di settantenni e ottantenni fa marciare la mensa della San Vincenzo. Si cercano nuove leve: «Saremmo felicissime di avere qui con noi anche dei giovani». E anche donatori

Mitia Chiarin
Le volontarie della mensa di Ca’ Letizia nelle cucine
Le volontarie della mensa di Ca’ Letizia nelle cucine

Annamaria ha 86 anni e da 37 anni arriva in via Querini a Mestre a preparare i pasti una domenica al mese e tutti i mercoledì. Gabriella ne ha 84 ed è presente cinque volte la settimana. Nazarena, 84 anni, non manca praticamente mai. Albamaria di 78 anni e la coetanea Tamara ci sono almeno due volte la settimana.

Luisa è la più giovane. Ha quasi 70 anni ed è presente tre, quattro volte la settimana.

«Io sono una baby pensionata», racconta. «Per questo posso essere qui spesso assieme a mio marito Alessandro».

A Ca’ Letizia sono tutte indaffarate a pelare le uova sode, cucinare le patate arrosto, e controllare un pentolone di succulenta pasta e fagioli.

Ci sono anche i mariti

Non sono sole: ci sono mariti e altri uomini che si occupano della logistica, dell’arrivo di frutta, verdura, pasta e prodotti vicini alla scadenza da stipare in magazzino controllando date e organizzando l’uso il più veloce possibile.

Nel vicino magazzino del vestiario, da donare a chi ha bisogno, le signore smistano i capi, dividendoli per tipologia, taglia, genere. «Non le dico quanta roba sporca dismettiamo. Mica tutto il vestiario vecchio ci arriva pulito, purtroppo».

Le volontarie del magazzino vestiti
Le volontarie del magazzino vestiti

Alla cronista sorrisi, poca voglia di farsi fotografare e una moka piena di caffè forte da condividere. Le lamentele del vicinato, per una volta, restano fuori dalla porta.

Benvenuti alla mensa di Ca’ Letizia, fondata nel 1967 per volontà di monsignor Valentino Vecchi e gestita dalla San Vincenzo, storico ente di carità di ispirazione religiosa. Qui si sfama chi vive in strada, è povero e ha fame. Povertà che oggi, per tanti, è solo degrado.

Centoventi pasti al giorno

Tra due anni si festeggeranno i 60 anni di lavoro quotidiano per fornire pasti a persone in difficoltà. Una media di 120 pasti, distribuiti dalle 17.30 alle 18.15. Il cibo viene portato ai tavoli su vassoi, a ciascun ospite. Il vassoio è simbolo dello spirito evangelico di servizio agli altri. Qui dentro le persone che vivono in strada hanno nomi e storie.

Stefano Bozzi, il direttore, spiega. «Di media su 120 pasti giornalieri, gli ospiti fissi sono una cinquantina. Il resto sono persone di passaggio, perché Mestre è un crocevia di transito. Degli ospiti fissi conosciamo tutto».

E oggi questo è un volontariato con i connotati netti della terza età volenterosa. I giovani si vedono a periodi: arrivano gli scout e gli studenti delle scuole che si mettono in gioco sporcandosi le mani con la solidarietà. «Ora ci sono i lavori socialmente utili. Sono tante le richieste, specie di chi si vede ritirare la patente. Ma non tutti sono coinvolti nella esperienza». E non tornano. Il lavoro quotidiano è in mano, quindi, agli over 70.

Vedove e pensionati. Instancabili. Alla mensa di Ca’ Letizia si notano gli effetti della società che cambia, e del momento della pensione che slitta sempre più avanti. Il mancato ricambio generazionale si fa sentire. Organizzare le cene ( i pranzi li assicurano i frati cappuccini) richiede tempo. Le signore raccontano.

«Si arriva qua a pranzo. Ci sono un sacco di cose da fare. Pulire la verdura è impegnativo. E poi ci sono i vari cibi da cucinare. Organizzare i menù della settimana. Prevedere il cibo per i musulmani, sempre di più. Ovviamente, se arrivano braccia ad aiutarci facciamo prima».

L’appello ai giovani. E ai donatori

 Sareste disposte a fare spazio ai giovani? «Certo», dicono, «ma i giovani dove sono?».

Anche i benefattori calano. Tanti donatori di famiglie mestrine che nell’anonimato garantivano offerte, ora sono morti.

«Le donazioni sono in calo», ammette Bozzi. «Abbiamo supermercati e aziende che ci garantiscono il cibo ogni giorno assieme al Banco Alimentare. La Caritas e la Curia ci ospitano in questi locali di via Querini. Ma ci sono le utenze da pagare. Acqua, luce e gas. E con gli aumenti, facciamo fatica. Noi non siamo bravi con il marketing. Ora proviamo a raccogliere fondi con i mercatini. Ci serve aiuto». —

 

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