«Non ero laureato, adesso chiedo scusa»
Negli anni Novanta era considerati il sindaco del futuro, moderno, giovane, preparato, di ottima famiglia. Carlo Mazzanti aveva 35 anni. Poteva essere un Renzi ante litteram, ma la sua esperienza di vita lo avvicina piuttosto al giornalista Oscar Giannino, che ieri ha annunciato le dimissioni irrevocabili per non danneggiare il movimento “Fare per Fermare il Declino” dopo la scoperta di una laurea, anzi due, inesistenti e aver millantato anche un master. Mazzanti, sindaco per soli sei mesi a San Donà, si dimise proprio per lo stesso motivo. La gente, i politici, lo chiamavano dottore. Lui non aveva mai negato di esserlo, ma la laurea non l'aveva conseguita. Si era iscritto a giurisprudenza con poco interesse, senza terminare gli studi. La cosa fu scoperta, facendo scoppiare il classico caso che ai tempi della Dc, alla quale apparteneva quale cattolico liberale, era più che sufficiente per far fuori un sindaco di belle speranze. Troppo facile additarlo, tenerlo in scacco in una cittadina che su questo ha navigato per anni, apostrofandolo come “il sindaco che non aveva la laurea”.
«La mia colpa era stata di non aver mai chiarito questo aspetto», si sfoga dopo 20 anni, «e ne ho pagato le conseguenze. Ero un autodidatta, studiavo e leggevo da solo, appassionato di filosofia del diritto. Erano anni difficili, arrivavano avvisi di garanzia, mia moglie aspettava un bambino, purtroppo nato con una malformazione che gli costò la vita solo tre anni dopo».
Mazzanti se ne andò via in punta di piedi, dicendo no alla politica, ma continuando a studiare, a formarsi, diventando giornalista e creando nuove attività nell'editoria. «La vicenda di Giannino, tra l’altro un giornalista e un leader al quale mi sento molto vicino», dice, «mi permette di tornare su una vicenda personale accaduta vent’anni fa quando ero sindaco di San Donà, rimasta da allora non chiarita, almeno da parte mia. Come Giannino, ho anch’io commesso un errore. Chi mi conosce sa che ero uno studente piuttosto bravo. Il fatto di non conseguire un titolo di laurea non è stato dovuto a incapacità, ma semplicemente a non volontà, avendo rifiutato sia psicologicamente che culturalmente l’impatto con una università, dopo il liceo classico, di cui non condividevo né i metodi selettivi né quelli didattici. Naturalmente ho letto, studiato e mi sono costruito una mia dimensione culturale con fatica, ma grande soddisfazione. Ma non avrei dovuto dire di avere conseguito titoli che non avevo. Perché lo feci? Soprattutto per non deludere la mia famiglia che così ho deluso doppiamente insieme a tutti coloro che mi stimavano e magari credevano potessi essere un amministratore degno della loro fiducia. Era giusto che mi dimettessi. Oggi, non senza un faticoso tormento, guardo indietro e vedo vent’anni di lavoro, di promozione dell’identità e della cultura locale anche del territorio al quale sono rimasto indissolubilmente legato, quello veneto e, in particolare, sandonatese. Non ho mai creduto che un uomo debba essere giudicato sulla base dei suoi titoli o del suo curriculum ma per quello che è in grado di realizzare. Oggi sono orgogliosamente un professionista-imprenditore del Nord Est. Tuttavia dovevo le mie scuse a tutti coloro che avevano creduto in me e alla mia città».
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