Muore a 45 anni dopo cinque giorni in cella: disposta l’autopsia
Adnene Chaachou era stato arrestato per un furto a Mestre. La compagna disperata: «Fatemelo vedere un’ultima volta»

La Procura di Venezia vuole vederci chiaro sulla morte di Adnene Chaachou, 45 anni, trovato senza vita lunedì scorso in una cella del carcere di Santa Maria Maggiore.
La pubblico ministero Laura Cameli ha infatti disposto l’autopsia sul corpo dell’uomo di origini tunisine. L’esame, che si terrà questa mattina, dovrà far luce sulle cause di un decesso che, al momento, sembra imputabile a cause naturali (infarto). Ma su cui ora i familiari dell’uomo, residenti a Imperia, chiedono chiarezza: stravolti dal dolore, non si capacitano infatti di questo decesso improvviso.
Chaachou infatti era entrato in carcere appena cinque giorni prima del suo decesso. Il 30 aprile, infatti, il 45enne era stato fermato dalle forze dell’ordine e arrestato per aver compiuto un furto in un’abitazione in un quartiere residenziale di Mestre.
Oscuro, al momento, il motivo per cui l’uomo si trovasse nella terraferma veneziana. Secondo le prime indicazioni, infatti, fino a qualche settimana fa si trovava in Sicilia per motivi di lavoro.
Successivamente, una volta interrotto il suo rapporto di lavoro, si era spostato a Bologna in attesa di ricongiungersi ai familiari ad Imperia. Da qui, la tappa a Mestre. Il bottino ricavato dal furto nell’abitazione, questo almeno sostiene l’accusa, era stato un cellulare. Previsto dall’articolo 624 bis del codice penale, il furto in abitazione con l’aggravante della destrezza e dell’averlo compiuto alla sera prevede una pena variabile tra i 5 e i 10 anni.
A pesare, su Adnene Chaachou, difeso dall’avvocato d’ufficio Damiano Veda, erano soprattutto i numerosi precedenti penali specifici.
Per questi motivi, il tribunale di Venezia aveva deciso di convalidare l’arresto e di disporre la misura cautelare del carcere. Nell’istituto penitenziario di Santa Maria Maggiore, come detto, l’uomo ci era entrato nella giornata del 30 aprile. Appena cinque giorni dopo, la drammatica scoperta da parte degli operatori di polizia penitenziaria. Un secco «no comment», sulla vicenda, arriva dal direttore del carcere, Enrico Farina.
La vicenda tuttavia, come del resto da prassi, è finita sul tavolo del pubblico ministero di turno. «La Procura vuole fugare ogni dubbio e sta lavorando con grande scrupolo», spiega Damiano Veda, avvocato del 45enne.
Al momento, è stato aperto un fascicolo a carico di ignoti senza capi d’accusa. In ogni caso, per fugare ogni possibile dubbio, gli inquirenti hanno deciso di esaminare comunque la salma. Chi invece vuole la verità su quanto successo è la compagna dell’uomo.
Residente a Imperia e madre di un figlio avuto insieme al 45enne di origini tunisine, la compagna non si dà pace per quanto capitato: «Aveva avuto in passato gravi problemi di salute, non mi capacito di come possa essere stato arrestato. Non so cosa sia successo in carcere, voglio sapere tutta la verità. Ora voglio solo poterlo vedere, voglio che me lo lascino vedere un’ultima volta».
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