Mozione di sfiducia, Tiozzo sul baratro

In 16 tra opposizione e dissidenti siglano il documento contro il sindaco
Il sindaco Romano Tiozzo potrebbe decadere già oggi
Il sindaco Romano Tiozzo potrebbe decadere già oggi
 
CHIOGGIA.
Romano Tiozzo addio. Erano passate da poco le 17.30 di ieri sera quando le grida di giubilo dei consiglieri «anti-sindaco» hanno cominciato a viaggiare su internet e sui telefonini. Quelli che, invece, il sindaco lo avrebbero sostenuto sono sempre stati in silenzio, fin dall'inizio del consiglio comunale convocato alle 16. E 16 sono state le firme in calce alla mozione di sfiducia.
 La caduta di Romano l'hanno vista prendere forma sotto i loro occhi, con la raccolta di sedici firme, tutta l'opposizione più i consiglieri dissidenti di Forza Italia e quelli di Moreno Teso, in calce a una mozione di sfiducia. E nessuno ha alzato la mano per difendere il sindaco. Potranno farlo quando la mozione sarà discussa, cioè non prima di dieci e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione, dice la legge. Ma potrebbe non essere necessario aspettare tanto: già oggi, infatti, i sedici firmatari potrebbero dare, tutti insieme, le dimissioni e allora sindaco, giunta e consiglio decadranno immediatamente. Doveva essere il momento di rilancio dell'attività amministrativa. Dopo le dimissioni date dal primo cittadino il 25 ottobre, e ritirate il 12 novembre, contestualmente alla presentazione di un «decalogo» con le priorità per l'ultimo anno e mezzo di governo della città, ieri era il giorno della verità. Forse l'epilogo lo conosceva già lo stesso Romano Tiozzo che non ha, infatti, speso molto tempo per illustrare la situazione. Cinque minuti per ricordare la vicenda che tutti conoscevano e poi la richiesta: «Se il consiglio comunale lavorerà su questo programma, andremo avanti, altrimenti le decisioni conseguenti saranno irrevocabili». Poi ha lasciato l'aula. Una sfida al centro destra a sostenerlo? O il rifiuto di assistere alla parata dei suoi oppositori? Comunque fosse, dopo di lui ha preso la parola Massimo Mancini (Pdl, ex An, area Teso) annunciando le dimissioni dell'assessore Claudio Bullo e la «libertà di coscienza» per sé e Valentina Sartore. Stessa posizione per Renzo Donin (anche lui di area Teso) che ha anche reclamato la presenza del sindaco in aula. aula. «Se n'è già andato» gli hanno risposto. Poi l'opposizione ha cominciato a sparare ad altezza d'uomo: «Un'offesa al consiglio» ha detto Giorgio Varisco di Rifondazione. «E' un codardo della politica - ha detto Lucio Tiozzo - raccogliamo subito le firme per mandarlo a casa». E così è stato. Mentre Guarnieri parlava di «senso di desolazione», Comparato (Fi) ammetteva «non abbiamo fatto niente per la città in questi tre anni» e Brunetto Mantovan faceva le pulci al decalogo del sindaco, la mozione veniva firmata anche da questi due e da Massimo Aprile, più i tre di area Teso e i dieci di minoranza: totale 16 firme e black out sulla giunta.

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