Mose, indagini della Finanza sulla lunata di San Nicolò: si sospetta il danno erariale

VENEZIA.
La Finanza indaga sulla lunata di Lido. E sul danno erariale che sarebbe stato causato all’amministrazione dello Stato per un intervento «non fatto a regola d’arte». Indagine che riparte e che punta a illuminare i tanti lati oscuri della vicenda Mose, non del tutto chiariti dall’inchiesta penale del 2014. In questi giorni finanzieri del Nucleo della Tutela Spesa pubblica della Gdf si sono presentati al Consorzio Venezia Nuova per chiedere documentazione.
Preludio al proseguimento di un’inchiesta avviata qualche anno fa. Già nel 2011 un privato aveva segnalato con un esposto alla Corte dei Conti la sussistenza del «danno erariale». La lunata era stata costruita su indicazione del Comitatone per «ridurre la marea». 43 milioni di euro il costo, per una una serie di scogli bianchi davanti alla diga foranea di San Nicolò.
Ma pochi giorni dopo essere stata inaugurata e collaudata, la diga era franata in mare. Un crollo che secondo l’impresa realizzatrice dei lavori, la Mantovani, non poteva essere imputato ai lavori. Nemmeno al progettista Alberto Scotti della Technital, lo stesso ingegnere del Mose. Contestazioni e richieste reciproche di danni. Per sapere come sia stato possibile il crollo. Tra le ipotesi anche la realizzazione della base degli scogli non fissata con il calcestruzzo.
Fatto sta che alla fine del 2016 il Procuratore della Corte dei Conti Paolo Evangelista prende l’iniziativa. E affida alla Guardia di Finanza la delega istruttoria per far luce sull’intera vicenda della “diga foranea di San Nicolò”. L’obiettivo, scrive il procuratore insieme alla sua sostituta Chiara Imposimato, «è quello di ricostruire le responsabilità , quantificare il danno erariale se c’è stato, decidere se si tratti di “colpa grave” o dolo. Nel frattempo interviene anche un rapporto del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza, inviato alla Procura a seguito di una specifica segnalazione degli amministratori straordinari del Consorzio Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola.
Adesso il nuovo via. Di una delle tante indagini che fanno seguito alla grande inchiesta del 2014. Si tratta di ricostruire nei dettagli i meccanismi di spesa che tra gli anni 2003, quando venne posata la prima pietra del Mose, e il 2014 – con gli arresti e lo scandalo tangenti – erano davvero ingenti, nell’ordine di centinaia di milioni di euro ogni anno.
Non c’è nemmeno il rischio della prescrizione, in questo caso. Perché la legge prevede che i reati di questo tipo siano prescritti entro cinque anni. Ma il termine scatta dal momento dell’esborso effettivo”, cioè del pagamento dei lavori.
E nel caso della lunata su chi debba pagare ancora non si è fatta chiarezza. «Eventi atmosferici straordinari», avevano scritto nella memoria difensiva le imprese. Nulla in confronto al fortunale e all’Acqua altissima del 12 novembre 2019. Se così fosse dovrebbe pagare l’assicurazione. In caso contrario sarebbero le imprese e i progettisti a dover sostenere l’onere del completamento e della riparazione. E adesso anche del possibile «danno erariale». Un’attività investigativa che potrebbe allargarsi presto anche ad altre opere collaterali del Mose, come la conca e il jack-up. —
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