Mose, dal monopolio alla crisi: la parabola della Mantovani E la conca va a gara

Dal monopolio alla crisi. Per due decenni la Mantovani spa, impresa edile della famiglia Chiarotto, è stata l’azienda «pigliatutto» nel Veneto dell’era Galan. A cominciare dai lavori del Mose, assegnati senza gare. Adesso potrebbe essere estromessa proprio dal Mose. «Possiamo finirlo con le imprese minori», hanno detto stavolta in piena sintonia il provveditore Roberto Linetti e il commissario Giuseppe Fiengo. La Mantovani ha annunciato l’uscita dal Consorzio. «Ma non lo possono fare», ha risposto secco Fiengo. Come dire, quello che è successo finora non può essere cancellato. Così i lavori contestati e «non fatti a regola d’arte». I contenziosi fiscali e le perdite di bilancio. Per andare avanti con i lavori del Mose, adesso al 94 per cento, occorrerà risolvere le tante criticità scoperte e riavviare la macchina. La richiesta del sindaco Brugnaro è quella di convocare al più presto un Comitatone. Dove il nuovo governo gialloverde dovrà scegliere.
Un segno della discesa è il numero dei dipendenti. A oggi, Mantovani ha zero dipendenti. Sono passati alla Coge, la società acquisita dal gruppo Ferrari che ne ha 99 (di cui 7 quadri, 59 impiegati e 33 operai). La Fip, azienda di selvazzano che ha costruito le cerniere del Mose, ne ha 115.
Negli ultimi decenni i più importanti lavori venivano affidati alla holding dalla Regione, dal Comune, dall’Autorità portuale. Dragaggi, autostrade, Passante, di Mestre Pif di Fusina, sublagunare. E, soprattutto il Mose. Dal 2003, quando arriva alla presidenza l’ingegnere Piergiorgio Baita, la Mantovani acquista le quote di Impregilo, dirottata al ponte di Messina, e diventa la prima azionista del Consorzio Venezia Nuova. In base allo statuto del Consorzio, alle imprese azioniste spettano lavori – senza gara – in percentuale alle loro quote. Dei quasi sei miliardi di euro dunque, buona parte sono stati incassati dalla Mantovani.
Ma l’inchiesta sullo scandalo Mose, culminata con gli arresti del 2014, cambia tutto. Addio monopolio. Il presidente dell’Anac Raffaele Cantone nomina ai vertici del Consorzio due amministratori straordinari. E il potere delle imprese si riduce. Limitato a un «comitato consultivo» che deve fornire pareri ai commissari. Cambia il mondo per le tre grandi imprese italiane Mantovani, Condotte e Fincosit-Glf. Che vengono progressivamente allontanate.
Fino alla decisione di due mesi fa, con cui vengono estromesse dai lavori futuri del Mose. In base allo statuto del 2014 i commissari «sospendono» Fincosit e Condotte che hanno chiesto il concordato preventivo. E anche Mantovani, che ha ceduto in affitto un ramo di azienda alla Coge Mantovani, newco a cui sono stati ceduti lavoratori e patrimonio. «Ma non potevano essere trasferiti i diritti ad avere i lavori», dice Fiengo.
Intanto a testimoniare che i tempi sono cambiati, i commissari hanno affidato la riparazione della conca di Malamocco alla società Cimolai. Era la seconda classificata nell’ultima gara, e avrà 29 milioni a disposizione per riparare la porta andata distrutta dalla prima mareggiata nel 2015. Errori di costruzione, ma anche errori progettuali, che adesso dovranno essere risarciti dalle assicurazioni.
Come aveva annunciato qualche mese fa, il commissario ha messo a disposizione i primi 200 milioni di euro per nuovi lavori. Serviranno anche per i restauri all’Arsenale. E si dovrà decidere presto quale sarà la sede definitiva per la manutenzione delle paratoie. —
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