Morì sul lavoro, l’imprenditore risarcisce

MARTELLAGO. Nove mesi di reclusione per omicidio colposo (pena sospesa), con l’obbligo di risarcire alla vedova e alle due figlie di Luciano Runco 160 mila euro a testa, per un totale di 480 mila euro, oltre a 10 mila euro a favore della Cisl, anch’essa costituita parte civile. Più un totale di oltre 27 mila euro di spese legali.
A tanto, nei giorni scorsi, la Corte di Cassazione ha condannato con sentenza definitiva l’imprenditore Antonio Furlan, titolare della Stahl Industries Srl di Martellago, la società per il quale lavorava Luciano Runco, l’operaio di 56 anni - di Maerne - che il 9 settembre del 2009 è rimasto ucciso in un incidente sul lavoro: stava movimentando da solo, con un carroponte, una capriata del peso di 940 chili, quando al momento di poggiarla a terra - dopo averla sganciata - la trave gli era caduta addosso, schiacciandolo. Era morto sul colpo.
In primo grado, il giudice monocratico del Tribunale di Venezia Rocco Valeggia aveva assolto Antonio Furlan da ogni responsabilità penale relativa all’incidente, con il comma secondo dell’articolo 530, ovvero per un contrasto di prove. In Appello - nell’ottobre del 2015 - era, però, arrivato il rovesciamento del giudizio, con la condanna dell’imprenditore anche al pagamento dei danni alla famiglia Runco: finora, infatti, la moglie e le figlie dell’uomo - rappresentate dagli avvocati Guido Simonetti e Simone Zancani - non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento. Che ora arriverà. I giudici d’appello avevano anche quantificato in 10 mila euro i danni che Antonio Furlan e la sua società devono pagare a favore della Ust e Fim Cisl , il sindacato al quale era iscritto Luciano Runco, che si è costituito parte civile con l’avvocato Elio Zaffalon: con la sentenza definitiva della Cassazione, anche questo risarcimento dovrà essere saldato.
Dopo la condanna in appello, infatti, l’imprenditore - difeso dall’avvocato Piero Barolo - aveva presentato ricorso in Cassazione , ma il 2 dicembre i giudici della IV sezione Corte Suprema hanno rigettato l’impugnazione, confermando la sentenza di condanna d’appello, con relative disposizioni per il risarcimento danni alla famiglia dell’operaio e alla Cisl. Ai 460 mila euro dovuti ai congiunti, si aggiungono così 17.500 euro per il risarcimento delle spese legale sostenute dalla famiglia in questi anni e 10 mila euro a favore della Cisl, oltre a interessi e oneri fiscali.
Roberta De Rossi
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