Morì in moto a 43 anni risarcimento raddoppiato

In primo grado il giudice aveva disposto un risarcimento di 429mila euro. Troppo poco per i familiari di Cristina Andriolo, morta a 43 anni in un incidente in moto a Ca’ Noghera. Era il 10 giugno...
In primo grado il giudice aveva disposto un risarcimento di 429mila euro. Troppo poco per i familiari di Cristina Andriolo, morta a 43 anni in un incidente in moto a Ca’ Noghera. Era il 10 giugno 2005. A dodici anni dalla tragedia, la Corte d’Appello civile di Venezia, su istanza dei parenti della donna, assistiti dall’avvocato Giorgio Caldera, ha raddoppiato la cifra quale risarcimento per i danni patiti. Ai familiari della donna - la figlia, i genitori, la sorella, l’ex marito con cui la donna aveva comunque mantenuto un legale - andranno 835mila euro che dovrà pagare l’assicurazione della controparte.


Cristina Andriolo viaggiava come trasportata in sella ad una moto Kawasaki Ninja 600 condotta da Stefano Bon. Sulla Triestina, all’altezza del Casinò, si era verificato lo scontro tra la moto che proveniva da Jesolo e la Renault Clio che proveniva da via Paliaga. Morirono entrambi i motociclisti.


I congiunti di Cristina erano stati costretti ad instaurare un contenzioso per vedersi riconosciuti i danni, dovendo sopportare peraltro lunghi tempi di accertamento delle cause e delle responsabilità. La causa di primo grado davanti al tribunale di Venezia si era conclusa a febbraio 2011 e la sentenza non era parsa soddisfacente ai familiari in quanto il giudice aveva applicato parametri di liquidazione del danno non in linea con quelli già riconosciuti dalla Corte di Cassazione. Quindi la decisione di impugnare il pronunciamento in appello. La Corte ha riconosciuto la responsabilità dell’automobilista e la corresponsabilità del motociclista che conduceva la Kawasaki nell’incidente, negando ogni addebito nei confronti della trasportata e integrando gli importi del risarcimento secondo parametri maggiormente congrui ed applicati sul territorio nazionale. «È stata resa giustizia alla figlia della donna, che al tempo era minore e aveva perso quello che era il genitore di riferimento, nonché al marito separato quantomeno per il rimborso di quelle spese che si era preso l’onere di sostenere, anche per alleviare la famiglia di Cristina già piuttosto provata», spiega l’avvocato Caldera.


A dodici anni dalla tragedia, nei giorni scorsi è arrivata la sentenza di secondo grado.


Rubina Bon


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