Morì in corsia, 2 medici a giudizio

I parenti di Gianna Cerulli Pianon, morta a 64 anni l’11 ottobre 2009, neppure erano stati avvertiti che il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione delle accuse per quattro medici, inizialmente indagati per omicidio colposo e, dopo esserne venuti a conoscenza, ì avevano chiesto la ripetizione della camera di consiglio. Dopo averla ottenuta, con l’avvocato Matteo Scussat, si sono opposti alle archiviazione e nei giorni scorsi hanno ottenuto anche la seconda soddisfazione: per due dei medici indagati, infatti, il presidente dei giudici dell’udienza preliminare di Venezia Giuliana Galasso ha disposto che il pubblico ministero formuli il capo d’imputazione. Così, nei prossimi giorni la Procura dovrà chiedere il rinvio a giudizio per omicidio colposo nei confronti del medico di base veneziano Emanuela Chiaranda e per l’anestesista padovano Giuseppe Fiore. Lo stesso magistrato, inoltre, ha accolto la richiesta di archiviazione per gli altri due medici, gli ortopedici veneziani Paolo Sambo e Rony Antoine Selwan, anche loro inizialmente indagati per concorso in omicidio colposo.
Stando al medico legale che aveva compiuto l’autopsia tre anni fa, il decesso della signora era stato causato da un embolia polmonare in conseguenza di una trombosi alla gamba sinistra. La donna aveva cominciato a lamentarsi di un forte dolore a quell’arto il 24 agosto e tre giorni dopo era stata visitata, al Pronto corso del Santi Giovanni e Paolo dal dottor Selwan. Era stata dimessa, ma non avendo risolto alcun problema si era rivolta privatamente al dottor Sambo, che l’aveva visitata l’8 settembre. Infine il 30 settembre, undici giorni prima di morire, si era rivolta all’anestesista padovano Fiore almeno per vincere il dolore che continuava ad aumentare. In tutto questo periodo è stata seguita dal suo medico di base, la dottoressa Chiaranda.
«È sostanzialmente pacifico», scrive il giudice Galasso, « che il decesso avrebbe potuto essere evitato ove la trombosi venosa profonda fosse stata diagnosticata tramite ecodoppler, con conseguente avvio di un’adeguata terapia in grado di salvare la vita della paziente». Il marito di Gianna Cerulli Pianon nella sue denuncia ha segnalato che nessuno dei quattro medici ha prescritto quell’esame e che tutti si erano trovati d’accordo nel ritenere che il dolore fosse provocato da una forte lombosciatalgia. Invece, soprattutto, nell’ultima visita del medico padovano e in quelle del medico di base avrebbe dovuto tener conto ed essere evidenziati il gonfiore della gamba sinistra, lo stato febbrile della paziente e alcuni valori delle analisi cliniche che arrestavano l’infiammazione. Tutto questo «avrebbe dovuto indurre sanitari più attenti ad investigare l’ipotesi dell’instaurarsi a seguito di una lunga immobilità della trombosi». Il magistrato ritiene che i sanitari coinvolti avrebbero «dimostrato scarso o nullo rilievo per i sintomi della paziente». Soprattutto coloro che l’hanno visitata il 30 settembre e nei giorni seguenti , quindi la sua medico di base e l’anestesista padovano.
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