Morì decapitata sul lavoro imprenditori a processo

Cavarzere. La giovane, 22 anni, era in nero e venne assunta solo mezz’ora dopo l’incidente che risale a cinque anni fa. L’accusa è di omicidio colposo

CAVARZERE. È cominciato ma è stato subito rinviato, ieri, davanti al giudice monocratico di Venezia Sara Natto il processo ai fratelli di Chioggia Boscolo Giachina, Enzo di 47 anni, e Vito, 45 anni, che devono rispondere di omicidio colposo per l’incidente sul lavoro accaduto nella loro azienda il 5 novembre di cinque anni fa. Era morta la 22enne operaia romena Maria Muntean, rimasta decapitata su un muletto che stava guidando e caricando.

Il fatto era accaduto nell’azienda agricola «Boscolo Enzo & Vito» di San Pietro di Cavarzere. E i suoi datori di lavoro prima avevano tentato di sistemare la posizione previdenziale della dipendente, assumendola il giorno stesso del decesso, quindi avevano cercato di raccontare il falso, sostenendo che era finita sotto il muletto guidato da uno di loro. Mentre le cose erano andate in un altro modo, così come hanno stabilito le indagini. E sulla base degli accertamenti, il pubblico ministero di Venezia Angela Masiello aveva chiesto il rinvio a giudizio dei due fratelli Boscolo per omicidio colposo.

Stando alla ricostruzione, la giovane lavorante, assunta in «nero», stava guidando il muletto in azienda e trasportava alcune casse di radicchio. Presumibilmente, a causa dei sobbalzi, una o più cassette si erano spostate e rischiavano di cadere a terra. Si era fermata e si era sporta in avanti dal posto di guida, ma senza accorgersi di aver spostato con una gamba la leva che mette in moto l’elevatore, il quale sollevandosi le ha praticamente tranciato la testa all’altezza del collo. Mezz’ora dopo l’incidente la ragazza era stata assunta, a far fede la comunicazione telematica all’Inps che riporta l’ora, le 10,32 del 5 novembre 2011.

Secondo le accuse, i due fratelli Boscolo non avrebbero fornito alla lavorante romena tutte le informazioni necessarie per condurre il muletto, inoltre non le avrebbero fornito attrezzature adatte a svolgere i compiti a lei assegnati e, infine, non avrebbero vigilato come avrebbero dovuto. La ragazza era arrivata dalla Romania il giorno precedente proprio per la raccolta del radicchio e aveva cominciato a lavorare senza essere messa in regola. Tra l’altro, aveva già lavorato nell’azienda agricola di San Pietro nella primavera dello stesso anno: il sospetto era che fosse già stata assunta «in nero» in precedenza e che non fosse l’unica in quella situazione. La notizia dell’incidente e soprattutto dopo aver saputo come si erano mossi i titolari dell’azienda aveva scosso l’opinione pubblica e sulla vicenda erano intervenuti sia i vertici sindacali sia gli amministratori locali di Cavarzere. (g.c.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia