«Mio fratello fra i partigiani uccisi sono morti per la vostra libertà»

Annamaria Spolador ha rievocato l’eccidio dei sei giovani trucidati dai nazifascisti alla cui memoria è dedicata piazza Martiri a Mirano 

la rievocazione

«Le brigate nere ci trascinarono fuori di casa e portarono via mio fratello. Io avevo tre anni, ero in braccio a mia madre e piangevo dal freddo e dalla paura». È Annamaria Spolador a raccontare la terribile notte tra il 10 e l’11 dicembre 1944, quando a Mirano i nazifascisti torturarono e uccisero barbaramente sei partigiani traditi da una delazione. Oltre a Cesare Spolador, fratello di Annamaria, erano Cesare Chinellato, i cugini Bruno e Giovanni Garbin, Severino Spolaor, Giulio Vescovo. Avevano tutti tra i 18 e i 22 anni.

«Questi ragazzi hanno dato la vita perché volevano un’Italia libera per noi, per voi» dice Annamaria agli studenti che la circondano, la foto del fratello stretta al petto. «Abbiate sete di conoscenza, di capire che c’è stato veramente chi ha lottato. Siete voi l’avvenire: siate forti e coerenti». La testimonianza è un pugno allo stomaco: le sevizie delle camicie nere, la fucilazione dei giovani, i cadaveri esposti intorno alla piazza, in seguito intitolata ai Martiri della Libertà in ricordo di quell’orrore. All’alba del giorno dopo ai miranesi che si recavano al mercato si presentò la scena raccapricciante: i corpi martoriati degli antifascisti esibiti come monito alla cittadinanza.

La stessa sorte era toccata l’1 novembre a Oreste Licori; nel gennaio 1945 altri 7 partigiani furono catturati e uccisi. Ieri mattina 300 alunni delle scuole medie hanno visitato i luoghi dell’eccidio: la piazza, le vie adiacenti, l’ex casa del Fascio (ora caserma della Guardia di Finanza). A guidarli i colleghi più grandi del liceo Majorana-Corner, che hanno spiegato loro la storia della Resistenza nel Miranese, l’ascesa e i misfatti del fascismo, il funzionamento della propaganda di Mussolini. È intervenuta anche la sindaca Maria Rosa Pavanello: «I martiri di Mirano diedero la vita per lasciarci un’Italia migliore, libera e democratica. Sono le nostre radici nella storia, seguendo il loro insegnamento dobbiamo farle germogliare» ha detto la sindaca. Nel pomeriggio è andata a Milano per l’evento “L’odio non ha futuro” in sostegno a Liliana Segre. —

Carlo Romeo

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