Miaschi: «Quel canestro non lo dimenticherò mai»

MESTRE. Un canestro per entrare nella storia, almeno a livello statistico, con una lunga carriera davanti. Giorni di sorrisi per Federico Miaschi, sedicenne della Reyer, che domenica contro la Red October Cantù ha messo a segno il primo canestro in Serie A di un giocatore nato nel nuovo millennio. Ragazzo serio e posato, tutto parquet, scuola e foresteria, lontano dalla sua Liguria, ma sempre in una città d’acqua. Federico Miaschi entra nella galleria dei “sedicenni famosi”, la strada per lui è ancora tutta da percorrere, niente da spartire con il suo quasi coetaneo (è nato nel 1999) Gigio Donnarumma, portiere del Milan in Serie A.
Tra 20 anni il canestro realizzato contro Cantù sarà ancora scritto negli annali del basket. «Sì, è vero. Ormai è passato qualche giorno, ma è stata una bella emozione, che ho voluto condividere con la mia famiglia, oltre che con i miei compagni e lo staff».
Dalla Liguria al Veneto, come mai la scelta di venire alla Reyer due anni e mezzo fa? «È stato molto semplice venire a Venezia. I primi contatti li ho avuti con Francesco Benedetti, responsabile del settore giovanile, poi con il tecnico Alberto Buffo, che continuano a darmi tanti consigli ogni giorno. Sono arrivato in una società importante, ho trovato grandi persone che mi aiutano tutti i giorni. Ho sempre avuto sensazioni positive fin dall’inizio e con il trascorrere dei mesi queste sensazioni si sono rivelate azzeccate».
Come ti segue la tua famiglia? «A distanza. Quando possono, i miei genitori vengono a trovarmi. La pallacanestro è nel dna della mia famiglia. Mio papà ha giocato nelle giovanili di Varese, i miei fratelli più piccoli stanno giocando pure loro».
Com’è vivere in foresteria? «Sto in compagnia con altri giocatori della Reyer, siamo tutti giovani. I nostri tutor, quasi tutti allenatori, vengono a trovarci, ci seguono giorno per giorno».
Hai un idolo nel basket o in altri sport? «Idoli no, ma avere vicino, alla Reyer, un giocatore come Stefano Tonut mi serve da grande esempio. Mi piacerebbe ripercorrere la strada che ha fatto lui alla sua età».
Pensi mai che a 16 anni Donnarumma giocava già titolare in Serie A nel Milan? «Sì, è l’esempio per noi giovani. Con il sacrificio e l’applicazione, si può arrivare ad alti livelli anche da giovanissimi».
Che ricordi hai del Jordan Brand Classic di Zagabria dell’anno scorso? «Ne avevo sentito parlare, è sempre stato un mio obiettivo parteciparvi con i più forti giovani europei. Era dentro all’ufficio da Francesco Benedetti quando è arrivata la chiamata. Ho faticato a crederci».
Segui l’attualità? «Sì, il professore di storia ci invita sempre a vedere i telegiornali. Sono molti gli avvenimenti che mi hanno colpito da inizio anno, sicuramente gli attentati dell’Isis in primo piano».
Che scuola frequenti? «Il liceo scientifico Stefanini di Mestre, sono in terza». Le materie preferite? «Essendo allo scientifico, quello del mio indirizzo, soprattutto matematica».
Che significato ha il numero 11 di maglia? «Lo considero una sorta di portafortuna, anche se non ha un significato particolare, perché è stato il primo numero avuto all’esordio in Nazionale».
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