"Mi farò esplodere per Allah": via all'indagine sulle frasi del bambino di 11 anni

VENEZIA. I Carabinieri stanno effettuando accertamenti sulle frasi attribuite al bambino di 11 anni, residente nel veneziano e alunno di una scuola primaria, che avrebbe annunciato di voler «andare in Siria» e farsi «esplodere in nome di Allah»
«Andrò in Siria a combattere, dove c’è anche mio zio e mi farò esplodere in nome di Allah». A parlare non è un qualche fantomatico integralista islamico ma un bambino di appena undici anni di origine marocchina. Il caso è esploso sui social, esposto nella piazza di facebook in un post pubblicato da una imprenditrice di un paese della provincia di Venezia, alla quale sarebbe stata riferita la frase incriminata dalla figlia che, a sua volta, avrebbe riportato la confidenza fatta dall’amichetto che, tra l’altro, frequenta la stessa scuola. Parole dure, pesanti come macigni, che vanno attentamente verificate, ma con la cautela del caso, come hanno fatto intendere i carabinieri che, pur non avendo ricevuto alcuna denuncia formale, hanno drizzato le antenne non appena apparsa la notizia.
Parole forti, forse dette per gioco o per sentirsi più grande, ma sulle quali gli inquirenti vogliono andarci a fondo. Il ragazzino in questione vive in paese. Il post pubblicato dalla mamma imprenditrice, che non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, non lascia molto spazio alla fantasia. «Apprendo, senza troppo stupore, da mia figlia», si legge sul suo profilo facebook, «che frequenta l’ultimo anno della scuola primaria, di un suo compagno di classe di origine magrebina che, con orgoglio e convinzione, racconta ai suoi amichetti che si farà saltare in aria in nome di Allah e che vuole andare in Siria a combattere con suo zio. Questo è un bimbo che mi auguro non capisca cosa dice ma che purtroppo cresce in un ambiente di odio verso chi li ospita. Benvenuta integrazione!».
Questo il testo integrale di quanto pubblicato sui social dove, naturalmente, si sono scatenati i commenti, spesso già di sentenza. Le forze dell’ordine, i carabinieri nella fattispecie ma probabilmente anche la Digos, stanno agendo con prudenza, con molta prudenza. L’argomento è delicato, ma soprattutto spetterà agli inquirenti stabilire il confine tra la boutade di un ragazzino e l’ideale che aleggia nella famiglia in questione.
Ieri le lezioni sono ricominciate, mentre oggi i dirigenti scolastici incontreranno i genitori per dare dei contorni ben precisi a questa triste vicende che vede, forse suo malgrado, coinvolto un ragazzino che, a undici anni, dovrebbe pensare alle cose belle della vita e non alla morte.
In particolare il compito delle forze dell’ordine sarà quello di capire cosa possa avere influenzato il piccolo in un linguaggio così crudo e spettrale, quasi fosse un onore darsi la morte per causare altra morte, altra distruzione. Cioè capire se il bimbo stia crescendo in una famiglia dove si alimenta l’odio e l’ideale del martirio o se si sia semplicemente trattato di parole sparse all’aria, anche se è nella convinzione di tutti che il ragazzino queste parole le debba aver udite da qualche parte: se su internet o dalla bocca dei propri parenti più stretti saranno le forze dell’ordine a stabilirlo. Il paese, naturalmente si divide sull’argomento, ma la parola d’ordine resta prudenza. —
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