Mestrino operato senza il suo consenso. Condannati medico e ospedale

«L’intervento praticato non coincide con quello per il quale il signor M. aveva prestato il relativo consenso». È questo uno dei passaggi chiave della sentenza, pubblicata nei giorni scorsi, dal tribunale civile di Mantova e che coinvolge, come parte lesa, un paziente residente in terraferma, che si è visto assegnare un risarcimento di quasi 67 mila euro. Il paziente infatti è stato sottoposto a un intervento chirurgico per il quale, come ha stabilito il tribunale, non aveva firmato il consenso informato.
I fatti si svolgono alla casa di cura San Clemente di Mantova. E risalgono al 2010. Il signor M. - lo chiameremo così -, vicino ai 40 anni, è affetto fin dalla nascita di piede torto, patologia che impedisce un normale appoggio del piede a terra, e si è già sottoposto a vari interventi chirurgici. Nel gennaio del 2010 con il medico ortopedico Livio Nogarin, decide di sottoporsi ad un intervento: l’artroscopia della caviglia e all’osteotomia al calcagno. In un primo momento - ricostruisce la sentenza - gli era stato proposto un differente intervento di artrodesi (per rendere l’articolazione più statica) ma lui si era opposto.
E così si è sottoposto all’intervento, nella clinica mantovana, il 5 febbraio del 2010. Qualche anno dopo, avendo ancora numerose difficoltà motorie, decide di approfondire la questione, sottoponendosi a ulteriore visite, e scoprendo così che «in evidente violazione del diritto alla proprio autodeterminazione e in totale assenza di consenso (tanto meno informato) era stato in realtà sottoposto anche ad artrodesi del mesopiede». Un intervento fatto, come ha accertato il Consulente tecnico d’ufficio (Ctu), insieme all’artroscopia della caviglia, vanificando i benefici di quest’ultima operazione. Per far valere le proprie ragione il signor M. ha quindi deciso di promuovere una causa civile nei confronti dell’ospedale e del medico, affidandosi all’avvocato mestrino Carlotta Canal. La sentenza del tribunale civile di Mantova, giudice Alessandra Venturini, è arrivata dopo il fallimento della definizione bonaria della vertenza e l’invito alla mediazione, cui la sola Casa di cura non aveva aderito.
Nella sua relazione il consulente d’ufficio (il medico legale Daniela Rastelli, che si è avvalsa della collaborazione dello specialista ortopedico Fabio Scarpari) rileva che, non solo l’intervento è stato fatto senza il consenso informato del paziente, ma che «l’errato trattamento chirurgico (mancata separazione dei due interventi con protratta immobilizzazione del gesso) ha determinato un ulteriore irrigidimento delle articolazioni del piede». Aumentando le difficoltà motore. Sul fronte del consenso autorizzato la difesa ha sostenuto che il signor M. avesse comunque dato il via libera all’intervento, avendo firmato un modulo nel quale dichiarava di «accettare eventuali procedure che si rendessero necessarie nel corso dell’intervento chirurgico programmato anche se non precedentemente concordate atte a preservare la mia salute o a migliorare il risultato clinico». Casistica nella quale non rientra però l’intervento contestato e oggetto della disputa al tribunale civile. Il tribunale ha così disposto a casa di cura e medico di risarcire il paziente con quasi 67 mila euro. —
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