La picchia, la insulta e le taglia i vestiti: condannato a 4 anni

Il 45enne di Mestre aveva reso un incubo la vita della convivente, costringendola a girare con il videotelefono per controllarla

Roberta De Rossi
Il Tribunale di Venezia
Il Tribunale di Venezia

Ogni volta che lei usciva di casa, lui pretendeva di essere «costantemente» informato su dove e con chi lei fosse. Le ordinava di lasciare il cellulare in videochiamata - anche dal lavoro - per controllarla. Un giorno che lei aveva in programma di andare in spiaggia, lui le aveva strappato il reggiseno, l’aveva chiusa in camera da letto, aveva lanciato dalla finestra le chiavi dell’auto.

E, poi, le botte: una notte ha visto sul cellulare di lei apparire la notifica del messaggio inviato d aun giovane, e per tutta reazione l’ha svegliata urlando insulti, le ha distrutto il telefono gettandolo a terra e poi si è accanito su di lei, con calci e pugni. E anche quando la giovane aveva trovato rifugio in auto, lui aveva iniziato a battere con i pugni sui finestrini.

Un’altra volta, dopo l’ennesimo litigio, l’ha colpita con schiaffi e pugni, ficcandole un dito nell’occhio con violenza: «Te cavo l’ocio». Pochi giorni dopo, con un oggetto lanciatole in faccia, le ha spaccato un dente. E quando lei, finalmente, dopo sei mesi di questa non-vita, ha deciso di lasciarlo e tornare a vivere con la madre, lui le ha tagliato tutti gli abiti e poi ha continuato a inseguirla sul posto di lavoro, a casa.

Ossessivo e violento, ha reso per almeno sei mesi un vero inferno la vita della donna che un tempo lo aveva amato, tanto da decidere di vivere con lui: una convivenza da incubo. E quando finalmente lo ha denunciato per stalking e lesioni, lui - braccialetto elettronico alla caviglia - l’aveva raggiunta nella casa protetta dove aveva trovato rifugio. E così era finito in carcere, ad aprile di quest’anno.

Nelle scorse ore il processo con rito abbreviato davanti al Tribunale di Venezia (difensore, l’avvocato Alessandro Lombardo) e la condanna a 4 anni di carcere e a 5 mila euro di provvisionale di risarcimento danni.

Stalking e lesioni l’accusa mossa dal pubblico ministero Ermindo Mammucci: «Perché abitualmente maltrattava la compagna», si legge nell’incipit del capo di imputazione, «sottoponendola aduna serie continua di sofferenze e vessazioni, tali da ledere sia l’integrità fisica sia quella morale della persona offesa, rendendo intollerabile la prosecuzione della convivenza familiare, a causa dall’abitualità dei comportamenti».

Ieri, chiamata a testimoniare, la donna - rappresentata dall’avvocata Annamaria Marin - è stata schermata dietro a un paravento. Ha raccontato e è arrivata la condanna di primo grado. Ora, se lo vorrà, l’imputato potrà ricorrere in appello.

Una storia tragica, ma purtroppo drammaticamente simile alle troppe che ogni giorno vengono giudicate in Tribunale: donne vittime di uomini violenti. Donne che, però, trovano la forza di denunciarli e di liberarsi dall’incubo.

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