Maxi frode fiscale delle vetrerie in dieci verso il patteggiamento

VENEZIA. Il gip David Calabria, nell’ordinanza con cui disponeva il sequestro fino a 7 milioni di euro a carico degli indagati, parlava senza mezzi termini di «un ingegnoso meccanismo fraudolento». Uno tsunami che la scorsa primavera aveva travolto il mondo delle vetrerie di Murano grazie all’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Stefano Buccini, che aveva portato a scoprire una maxi evasione fiscale da oltre 6 milioni di euro. Dieci gli indagati - i titolari di otto vetrerie di Murano e l’uomo considerato il cambiavalute. Il pubblico ministero ha chiuso le indagini nei giorni scorsi, notificando ai difensori l’avviso, ovvero l’atto che normalmente precede la richiesta di rinvio a giudizio.
Si tratta di Massimiliano Schiavon (Schiavon Massimiliano Art Team), Michele Zampedri (Vetreria Artistica Vivarini), Giorgia Schiavon (Vetreria Artistica Reno Schiavon), Nicola Foccardi (Linea Murano Art), Carlo Masotti (Vetreria Murano Arte), Umberto Cenedese (Cam Vetri d’Arte), Roberto Aseo (Cam Vetri d’Arte), oltre al cambiavalute Claudio Pellarin. Per tutti l’accusa è di dichiarazione fraudolenta in concorso. Le posizioni di Elisabetta Bianchini e Leone Panisson (entrambi di Bisanzio Gallery) sono state stralciate: i due indagati hanno proposto il patteggiamento in fase di indagine.
Secondo la Procura, la vendita di oltre 30 milioni di euro di vetri di Murano - tra lampadari, vasi, bicchieri e sculture - sarebbe stata praticamente sconosciuta all’Erario. I pagamenti venivano fatti dai clienti, soprattutto stranieri, attraverso dieci Pos che erano intestati a Pellarin ma di fatto venivano usati dalle vetrerie finite nell’inchiesta per incassare i soldi delle vendite “in nero”. Pellarin retrocedeva le somme alle vetrerie, trattenendo per sé il 5% per il servizio. L’indagine contesta ai legali rappresentanti delle otto vetrerie un’evasione dell’Ires per 5,4 milioni di euro tra il 2013 e il febbraio 2018 e profitti illeciti per il solo Pellarin per 1,390 milioni di euro che non erano stati dichiarati.
Nessun difensore ha ancora depositato le proprie istanze, ma la strada ventilata da tempo sarà quella di pagare le pendenze con l’Erario, avendo così il lasciapassare necessario per il patteggiamento. Nel corso delle indagini, nessuno degli indagati ha scelto di farsi interrogare. Ma a breve potrebbero depositare memorie nelle quali potrebbero esserci nuovi spunti investigativi, in particolare per quanto riguarda la possibile destinazione di parte del “nero” ad una sorta di “intromettitori” che indirizzavano i turisti verso una vetreria o l’altra, ottenendo in cambio percentuali attorno al 20%. Un meccanismo, questo, conosciuto ai più. Va detto però che la dichiarazione infedele diventa penale qualora venga superata la soglia di 150mila euro di imposta evasa (corrispondente a un pagamento di circa 400mila euro ad un’unica persona in uno stesso periodo). In caso contrario, si tratta di una violazione tributaria contestata dall’Agenzia delle Entrate. E potrebbe essere proprio quest’ultimo il filone lungo il quale evolveranno le indagini. —
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