Maurizio Ganz, un papà in tribuna: «Volevo tornare al Penzo...»

Ricordate “El segna semper lù”? Con il figlio che gioca nel Lumezzane l’ex bomber l’altro ieri al Mecchia. «Il Venezia? Sei mesi, tanti rimpianti. E quel primo gol del nuovo Millennio»

PORTOGRUARO. Ci sono tante occasioni per capire che il tempo passa e diventiamo vecchi. Anno Duemila, il Venezia si allena al Taliercio e Maurizio Ganz, uno dei grandi bomber degli ultimi decenni, arriva al campo con un bimbetto. Per tutta la durata dell’allenamento del papà, il piccolo Simone Andrea prende il pallone e tira, destro, sinistro, qualche bella stecca che fa rimbombare il gabbiotto della stampa. Adesso Maurizio Ganz, 45 anni tra un mese, allena la Primavera del Varese e il ragazzino è titolare del Lumezzane, l’altro ieri avversario del Venezia. «Sono pronto a scommettere, mio figlio farà una grande carriera. E lo dico da tecnico, non da papà» racconta Ganz senior in tribuna al Mecchia.

Frase impegnativa, scaviamo. «Da me ha ereditato la capacità di vedere la porta. Come giocatore è più bravo lui, sa manovrare meglio, fa le due fasi, mentre io ero buono solo in attacco. Ora i giovani crescono più preparati, più completi. Il calcio è cambiato, una cosa è sicura: attaccanti come me o come Pippo Inzaghi, quanto a caratteristiche, non ne escono più». Sorride, Maurizio, a ricordare i tempi del Venezia, e non nasconde tanto rammarico.

«Era il 2000, sono arrivato al Venezia al mercato invernale, meno di 20 presenze, 8 gol. Mah, magari se fossi arrivato prima, chissà, ci si poteva salvare. Io e Pippo Maniero andavamo a meraviglia». Qualche settimana con Spalletti, riciclato da Zamparini dopo il primo esonero, poi il fine stagione con Oddo. Ma con Ganz si deve parlare di gol. «Un gol storico. Lo sapete che il primo gol del nuovo millennio l’ho fatto io? Venezia contro Lazio, primi di gennaio, campo ghiacciato e un freddo della madonna, in notturna. Ho segnato in scivolata, anticipando Marchegiani, su assist di Pippo. Poi gli ho restituito il favore e Pippo Maniero ha fatto il 2-0. Eravamo messi male in classifica, ma la squadra era buona». Non solo alla Lazio, il gol memorabile. «Doppietta al Cagliari, gol a Bari, uno contro il Verona e sono andato sotto la curva urlando “Dignità, se andremo in B andremo con dignità”».

 Insomma, nonostante tutto, dolci ricordi veneziani. «Sì, e vi dico un’altra cosa. Mi dispiace che questa partita sia a Portogruaro. Da quando mio figlio è andato al Lumezzane ho pensato che sarei tornato, anche solo da spettatore, al Penzo. Forse voi veneziani non ci fate caso, siete abituati, ma guardate che avete uno stadio che è una favola. Arrivare in barca, mica rompersi per il parcheggio...».

Com’è questa Lega Pro, con le regole sui giovani? «Una cavolata. Deve giocare chi è bravo, chi merita. Io il Venezia lo seguo, l’anno scorso deve dire grazie a Godeas. Meritava di giocare e ha giocato. Quest’anno troppe cose funzionano diversamente. Esperienza fa rima con qualità, in questi campionati. ne riparleremo, si vedono buone squadre, ma tanti errori evitabili. Ed è più difficile crescere».

I due migliori giocatori con i quali ha giocato? «Mah. Direi Ronaldo, all’Inter, il miglior Ronaldo. E poi un altro mostro: Toninho Cerezo. Solo chi lo ha conosciuto può capire. Giocava con le scarpe a 13 e slacciate anche in mezzo al fango».

Ganz, nome legato al Milan... «Da rossonero ho vinto uno scudetto e lo scudetto è storia. Ma me la sono cavata, direi bene, anche altrove. Inter, Samp, tante altre. Con l’Atalanta ho vissuto stagioni magnifiche e valanghe di gol».

El segna semper lu? «Me lo dicono ancora, per la strada. E mi fa piacere...» .

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