Da tutto il Veneto a Marghera in corteo per Gaza: «Blocchiamo il porto»

«Le merci oggi non partono, è giunto il momento di dire stop al genocidio»,  affermano gli organizzatori, «Qui in via dell'Azoto inizia ufficialmente il blocco. La giornata è ancora lunga, non abbiamo fretta: ci siamo portati l'acqua»

Giacomo Costa
Corteo per Gaza, i manifestanti a Marghera
Corteo per Gaza, i manifestanti a Marghera

Ancora una foresta di bandiere che si mette in marcia, ancora l’urlo “Palestina libera” che taglia le strade della terraferma veneziana.

Lunedì mattina,22 settembre, in piazzale Giovannacci a Marghera, migliaia di persone si sono di nuovo riunite per protestare contro le azioni militari israeliane a Gaza: una manifestazione proclamata da Cobas e USB ma spalleggiata anche dai centri sociali di tutto il nordest al grido di “Blocchiamo tutto, blocchiamo il porto”.

"Stop al genocidio": il corteo per Gaza invade le strade di Marghera, ecco il video

E proprio questa dichiarazione d’intenti ha preoccupato le forze dell’ordine già dai giorni precedenti: «Abbiamo promesso un blocco e un blocco stiamo per fare», ribadisce il megafono alle 10.30, disponendo lo striscione di testa e il camion per iniziare la marcia attraverso le strade della città giardino, verso via Fratelli Bandiera, verso le banchine del porto.

Il corteo marcia veloce, perché a sfilare sono tantissimi: alle 11 la testa ha raggiunto i caselli del porto rinfuse, e nello stesso momento la coda ancora si muoveva dalla rotonda di piazzale Giovannacci, linea di partenza della manifestazione, due chilometri più indietro. 

Per metà della sua larghezza la strada a sei corsie è blindata con le grate di sicurezza mobili piazzate dalla polizia, sull’altra metà il presidio è garantito dalle tenute antisommossa e da due blindati armati di idranti, i cannoni ad acqua che dai tettucci tengono sotto tiro la carreggiata, bagnata dalle prove di tiro della mattinata. Alle 11.20 l’enorme striscione riprende ad avanzare: verso il muro di scudi, verso le uniformi.

«La giornata è lunga», tuona il megafono, «noi restiamo qua. Palestina libera!».

Il furgone di testa si sposta dalla linea del fronte, tra la prima fila di manifestanti e le forze dell’ordine ci sono poche decine di metri e qualche telecamera, ma anche per la stampa l’ordine è di sgomberare la terra di nessuno.mila con la bandiera bianca rossa verde e nera, con la kefiah, con un cartello che dice “stop al genocidio”.

E di genocidio parla anche Tommaso Cacciari del centro sociale Morion di Venezia, che guida la protesta dalle prime file: «Quello che sta succedendo a Gaza non è una guerra, è uno sterminio».

Il fronte davanti alle sbarre automatiche dell’accesso commerciale si allarga, un muro di pedone che occupa la discesa del cavalcavia, gli svincoli stradali. Un cordone di divise anticipa i manifestanti e il furgone di testa, più avanti ancora, a ridosso dei varchi, le forze dell’ordine sfoggiano scudi e caschi.

La marea si allarga, tracima oltre i New Jersey di cemento e sale fino al piccolo fabbricato che prevede la linea difensiva della questura. Fumogeni, striscioni e bandiere di nylon con i colori della Palestina hanno conquistato il tetto e da lì Iris o ancora: “chi non ferma il genocidio ne è complice. Blocchiamo tutto!”.

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Agli elmetti delle forze dell’ordine, i manifestanti rispondono calandosi in volto i cappucci, alzando le sciarpe fino al naso. Ma l’asfalto tra la prima linea e i blindati in livrea si è di nuovo riempito di persone, di macchine fotografiche, di bambini, la carica sembra scongiurata, almeno per un altro po’. “Stiamo a vedere”, alzano le spalle gli organizzatori, che sembrano pronti a una giornata intera di blocco passivo, ma anche a rispondere a un’azione di alleggerimento.

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