L’ultima messa di don D’Antiga, poi le proteste

«Siamo una squadra e il Patriarca è il Ct, dobbiamo giocare assieme per vincere, un trasferimento non è una pagella data a un sacerdote, il nostro ministero oggi richiede duttilità perché i tempi sono cambiati». La metafora utilizzata da don Natalino Bonazza, oggi a San Giuseppe, che fu parroco di San Salvador prima di don Massimiliano D’Antiga, sintetizza il pensiero di molti sacerdoti della diocesi su quanto sta accadendo dopo la decisione comunicata dal patriarca Francesco Moraglia, di dare una nuova conformazione pastorale all’area marciana, che riunisce le attuali parrocchie di San Moisè, San Zaccaria e San Salvador, e trasferire don Massimiliano D’Antiga nella Basilica di San Marco. Un cambiamento al quale il sacerdote ha opposto rifiuto e che non va giù ai parrocchiani, decisi a dare battaglia, tanto che oggi protesteranno davanti al palazzo Patriarcale. Questa mattina alle 10. 30 il parroco dirà la sua ultima messa, poi si ritirerà a casa dei genitori a Cavallino Treporti. Alle 15. 30 incontrerà il Patriarca, che lo ha più volte invitato. Nel pomeriggio don Roberto Donadoni, nuovo super parroco responsabile dell’area marciana, entrerà nella chiesa di San Zulian e dirà la prima messa.
Preti con Moraglia
«Sono sconcertato» esordisce don Bonazza, «ma ritengo che si debba sdrammatizzare. Quanto successo non ha giustificazione, viviamo una stagione ecclesiale che vuole duttilità. Noi siamo una squadra, c’è il Ct, la partita è la stessa, ed è il commissario che decide la formazione, non si gioca da soli. I trasferimenti sono una cosa normale. Ripeto, la squadra è del Patriarca, lui sceglie la strategia e per questo spero che don Massimiliano torni in campo». Per ora, ha deciso di stare in panchina. «Tra San Zulian e San Marco ci sono de minuti in linea d’aria» commenta monsignor Dino Pistolato, a lungo vicario e oggi parroco in Riviera, «se un sacerdote ritiene di avere motivi validi ne parla con il vescovo. Eviterei tipologie di scontro che fanno male a lui, alla chiesa, ai fedeli. Non è dentro la conflittualità che si trovano soluzioni, perché il pericolo è dividere la gente, cadere nel rischio di parteggiare per uno o per l’altro». Pistolato invita al dialogo: «Mi pare che la soluzione offerta dal Patriarca fosse buona, don Massimiliano si spostadi centro metri, continua a seguire le madri che avevano perduto i figli e si occupava di due importanti servizi».
CAMBIO DI GUARDIA
Don Roberto Donadoni, avrà d’ora in poi cinque chiese e di fatto quattro parrocchie. Alle 17. 30 di questo pomeriggio una volta andato via don Massimiliano, prenderà possesso della chiesa di San Zulian, domenica alle 11 entrerà a San Salvador: «C’è rammarico e amarezza per la situazione» spiega, «il compito che d’ora in poi avrò è gravoso: dovrò correre veloce, ho cinque chiese da tenere aperte, il servizio da officiare. La responsabilità, anche se avrò due collaboratori, sarà sempre mia, dalla tegola del tetto alla candela bruciata. A ciò si aggiungono queste difficoltà che nascono da situazioni personali . L’attaccamento alle persone è umanamente comprensibile, ma bisogna avere il coraggio di andare oltre. La Chiesa è più grande di San Salvador o San Zulian, serve capacità di discernimento». Come si ricompone la frattura? «Tempo, preghiera e capacità di entrambi, preti e fedeli, di guardare avanti, a Gesù». Don Donadoni rassicura i nuovi fedeli: «Non caccio nessuno, sarò accogliente».
PROTESTE
Alcuni dei fedeli che hanno scritto le centinaia di lettera al Papa, oggi dopo la funzione protesteranno in piazzetta dei Leoncini per far sentire la vicinanza al sacerdote che non vogliono perdere. Don Massimiliano ieri ha detto messa con una famiglia che ha perduto il bimbo per malattia. «Oggi vedrò il Patriarca» ha confermato. —
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