L’officina di Favaretto svaligiata di nuovo ventesimo furto alla carrozzeria Moderna

Ormai è una persecuzione. Gli uomini della vigilanza devono conoscere ormai a memoria il numero di Paolo Favaretto e di suo figlio, della Carrozzeria Moderna di via Giustizia a Mestre, perché in sette anni ben 20 volte sono andati a far visita loro i ladri. Gli ultimi tre, da Pasqua a ieri, quando qualcuno ha danneggiato le auto dell’attività parcheggiate in esterna.
«Ma cosa devo fare?» si sfoga in un video Favaretto, dove fa un appello al Comune di Venezia e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Indagano le forze dell’ordine.
Ma andiamo con ordine. Poco dopo l’una di notte di ieri, il telefono di Paolo Favaretto squilla e dall’altra parte ci sono gli uomini della sorveglianza. E già questo deve aver fatto insospespettire l’imprenditore.
Pochi istanti e viene sapere che ci sono le tre auto di Carrozzeria Moderna danneggiate: rotti gli specchietti retrovisori, prese a pedate, danni alle fiancate. Ieri di buon mattino, Favaretto è tornato in via Giustizia e ha guardato il video. E pare che il responsabile sia uno solo. «Si vede molto bene in volto» dice Favaretto «ma non l’ho mai visto, non lo conosco. Ma non è possibile andare avanti così, siamo arrivati a quota venti. L’altro giorno è suonato l’antifurto per l’ennesima volta. Cosa devo fare?».
Favaretto è quasi alle lacrime, per un’azienda ora condotta dal figlio e una ventina di dipendenti a libro paga. In sette anni di furti e visite indesiderate, ai Favaretto tutto questo è costato centinaia di migliaia di euro. «Non possiamo essere messi in crisi in questo modo» dice in un intervento pieno di rabbia «per dei danni inutili: siamo arrivati a 700 mila. Dove dobbiamo andare?»
Paolo Favaretto è un fiume in piena. «Mi vergogno» continua «ma ricordo al Comune di Venezia e a Mattarella che ci siamo anche noi. Nessuno è venuto a dirmi qualcosa. Non è giusto, non ne posso più. Basta, basta e basta (ripetuto tre volte battendo il pugno sul tavolo, ndr). L’azienda è di mio figlio, è giovane, ha poco più di 30 anni. Mi vergogno di avergli dato questa azienda e chiesto di proseguire. Basta, non voglio più saperne. Basta». —
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