L’ingegnere sepolto negli Usa Fine di una storia lunga 30 anni
Funerali oggi in forma privata, di là dell’Oceano. È questa l’intenzione dei familiari di Giovanni Mazzacurati, l’ingegnere «inventore» del Mose e del Consorzio Venezia Nuova, morto l’altro giorno nella sua casa di San Diego all’età di 87 anni. Poche le notizie che filtrano dagli Stati Uniti. Gli amici veneziani attendono segnali per partecipare alla cerimonia funebre.
Ma da anni, dicono, Mazzacurati aveva tagliato i contatti con la laguna. Complice l’arresto del 2013, lo scandalo Mose di cui era stato il grande accusatore. Il grande dolore per la morte del figlio Carlo, regista di fama. Negli ultimi anni Mazzacurati aveva dichiarato la sua malattia. Una forma di Alzheimer che gli aveva anche impedito di partecipare in qualità di testimone al processo del Mose. Le sue accuse erano state la base del castello accusatorio contro politici e imprenditori. «Ma erano state tutte riscontrare e sono risultate credibili», ha commentato il pm dell’inchiesta Mose, Stefano Ancilotto. Secondo la procura «nessun mistero» sulle vicende raccontate dall’ingegnere, per tre decenni padrone assoluto della salvaguardia in laguna, nel 2013 – dopo essere stato arrestato e liberato a seguito delle sue deposizioni – Mazzacurati se n’era andato in America. «Era un cittadino libero, aveva ottenuto la restituzione del passaporto», dicono gli inquirenti. Da quel giorno aveva vissuto il suo esilio dorato nella villa di LaJolla, pochi minuti da San Diego. California. Lontano dei clamori e dalle polemiche sul Mose che la nuova gestione dei commissari aveva scoperto molto più «ammalorato» di quanto sembrava.
Un’opera a cui aveva dedicato la vita, oltre che le sue energìe. Un’idea di cui andava fiero. Che gli aveva portato fama e notorietà, come lui aveva portato in laguna un fiume di denaro. Ottenuto per i suoi rapporti buoni con governo di ogni colore. Legami con Berlusconi e Prodi, con le grandi industrie italiane e la politica. «Tanti sono passati per il suo ufficio e hanno fatto anticamera, e adesso non se lo ricordano più», ha commentato tagliente Piergiorgio Baita, il presidente della Mantovani che insieme a lui aveva costruito la macchina del Mose. Una grande storia finita per sempre. —
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