L’incidente alla Dow Chemical Nel 2002 ferì otto lavoratori

All’epoca venti tonnellate di gas di peci clorurate si sprigionarono nell'aria, poi la multinazionale americana decise di abbandonare il polo industriale. Nel 2017 l’incendio all’impianto Veritas 

i precedenti

Spaventosi incendi industriali e le fiammate altissime delle torce del cracking, che “bruciano” il cielo quando è in corso un blocco nella linea di produzione.

Batte forte il cuore quando le fiamme appaiono a Porto Marghera per il grande rischio che comportano per la popolazione, sinora scampata al peggio grazie alla grandissima professionalità dei vigili del fuoco. Paura che cresce anche quando ad infiammarsi sono fiaccole degli scarichi di sicurezza industriali, in caso di blocco della produzione.

Nel 2002 l’incendio alla Dow Chemical di Porto Marghera. Era il 28 novembre quando venti tonnellate di gas di peci clorurate, toluene e toluendisocianato vennero disperse nell'aria, otto lavoratori finirono in pronto soccorso, si contarono 3 milioni di euro di danni e ore di terrore per la popolazione. Fu l’incidente più grave nella storia di Porto Marghera, come testimoniano le foto scioccanti dell’epoca. Le alte fiamme si alzarono dal Petrolchimico per un incendio nell’impianto del Tdi già di Montedison ed Enichem, appena acquisito dalla multinazionale Dow Italia e dedicato alla produzione di toluendisocianato, una sostanza di base per la produzione di poliuretani. A quaranta metri dal luogo dell’incendio erano stoccate 15 tonnellate di fosgene, una sostanza chimica altamente tossica ed infiammabile, usata anche come arma nella Prima Guerra mondiale.

Per la prima volta, le sirene della Protezione Civile avvertirono del pericolo e alla popolazione atterrita venne consigliato su radio e televisioni di restare chiusa in casa, mentre i centralini dei servizi pubblici di sicurezza venivano subissati di richieste di informazione. Dow Chemical decise di chiudere definitivamente i vecchi, pericolosi e ormai poco redditizi impianti del Tdi.

Il 7 giugno del 2017 un’immensa nube nera si levò alta su Fusina: ad andare completamente distrutta fu la linea di trattamento rifiuti ingombranti dell’inceneritore, allora appena inaugurata da Ecoricicli Veritas.

Due operai rimasero leggermente intossicati nel corso dell’incidente, il cielo divenne nero di fumo acre.

Il processo per individuare eventuali responsabilità è ancora in corso, con a giudizio i vertici di Ecoricicli: i consulenti dell’azienda sostengono si sia trattato di un incendio doloso ai danni della società, la Procura che non tutte le norme di sicurezza siano state adottate. Il Tribunale ha disposto una nuova perizia. Anche allora ci fu polemica per la pericolosità dell’area industriale circostante.

«Poteva essere una tragedia. Questo incendio dimostra che certi impianti, in quest’area, non dovrebbero esistere: si è sviluppato fra una raffineria come la San Marco Petroli, che è a due passi dal centro di Malcontenta, e la Decal che stipa gas liquefatto criogenico. —



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