L’ex giudice Giuseppone condannato a risarcire

La Corte dei Conti: «Dovrà restituire 450 mila euro per il danno da disservizio» Il magistrato contabile ora in pensione era a libro paga del Consorzio Venezia Nuova 



L’inchiesta Tangenti Mose continua a “figliare” processi e condanne parallele.

Nei giorni scorsi, i giudici della Corte dei Conti di Trento hanno infatti condannato l’ ex collega Vittorio Giuseppone a risarcire 450 mila euro di danno da disservizio. A sostenere l’accusa contro il magistrato contabile oggi in pensione - ma tra il 1993 e il 2008 in servizio prima alla Corte dei Conti del Veneto, poi alla Sezione di controllo regionale, infine, a quella Centrale a Roma - sono stati il procuratore veneto Paolo Evangelista e la sostituto procuratore Chiara Imposimato.

Tutto nasce dalla maxi inchiesta penale dei pm Ancilotto e Buccini che - tra gli altri - avevano accusato Giuseppone di essere stato dal 2000 al 2008 a libro paga del Consorzio Venezia Nuova, con uno stipendio di 3-400 mila euro l’anno, incassato per ammorbidire i controlli della Corte dei Conti sui ritardi e le maxi spese del Mose e per “non vedere” la ricca percentuale del 12% garantita concessionario.

Il controllore pagato dal controllato. La sentenza ricorda - tra gli altri - il caso esemplare della dura relazione sui ritardi e i costi dell’opera redatta dal consigliere della Sezione Centrale di controllo Mezzera, ritrovata nel computer dell’ingegner Luciano Neri del CVN “addolcita”, nella formulazione poi approvata a mesi di distanza dalla Sezione centrale.

In questo, come in altri mancati controlli sarebbe intervenuto - per l’accusa - Giuseppone con il suo ruolo. L’hanno raccontato l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Mazzacurati e il suo braccio destro Savioli, l’ex presidente di Mantovani Piergiorgio Baita e l’allora direttore Buson.

L’inchiesta penale era però finita su un binario morto, per l’avvenuta prescrizione dei reati contestati al magistrato. Ma è proseguita quella contabile. Il procuratore Evangelista e la pm Imposimato hanno risentito tutti i testi (tranne Mazzacurati, riparato negli Usa e protetto dalla sua demenza senile) e chiesto la condanna. Per la difesa solo dichiarazioni generiche prive di riscontri diretti. Per la Corte, un racconto attendibile.

Parole molto dure quelle dei giudici trentini nei confronti dell’ex collega. «I fatti corruttivi a carico di Giuseppone devono ritenersi ampiamente provati», scrivono nella sentenza di primo grado, «il convenuto ha piegato la propria funzione all’esclusivo interesse dei privati, ponendo se stesso e l’interesse pubblico che avrebbe dovuto garantire in posizione prona e subalterna al perseguimento dell’illecito profitto da parte di terzi». Il danno da disservizio diventa così «conseguente al fatto di aver asservito la propria funzione agli interessi dei privati e non della pubblica amministrazione e all’interesse pubblico».

Giuseppone si è sempre difeso sostenendo di non essere venuto meno al proprio servizio. Per la Corte trentina - competente nei giudizi a carico di magistrati veneti - «la funzione di controllo e verifica di legalità propria della Corte dei conti risulta essere stata sostanzialmente vanificata in favore del perseguimento di interessi privati, asservita alla tutela di coloro la cui attività avrebbe dovuto essere destinataria del controllo (...) La Corte dei conti si è ritrovata a sprecare risorse pubbliche per un’attività derubricata a mera liturgia formale, agevolativa nel raggiungimento di un risultato utile ai privati piuttosto che alla collettività». Invece di vigilare, Giuseppone - ne sono convinti i giudici trentini - ha operato per nascondere: «Comportamento disdicevole e gravissimo, illecito». Per calcolare i danni, hanno preso lo stipendio pubblico del magistrato tra il 2000 e il 2008 - 900 mila euro - il 50% del quale dovrà ora restituire. Giuseppone potrà ricorrere in Appello. Una condanna che si aggiunge a quelle (già definitive) a carico dell’ex presidente Giancarlo Galan, l’ex assessore Renato Chisso, l’ex magistrato alle acque Patrizio Cuccioletta. —





Riproduzione riservata © La Nuova Venezia