Le imprese del Mose all’attacco: «Avanziamo 20 milioni di euro»

Lettera al commissario Miani delle aziende che garantiscono il sollevamento delle paratoie. «Così l’opera non sarà mai finita e noi rischiamo il fallimento»

VENEZIA. Strategìe e nuova governance. Totonomi e polemiche. Ma le imprese del Mose non vengono pagate. Adesso hanno inviato al Consorzio Venezia Nuova una sorta di ultimatum. «Così siamo a rischio fallimento. E il Mose non sarà mai finito».

Ammonta a oltre 20 milioni il debito del Consorzio verso le imprese “minori” che dopo l’uscita di scena delle tre azioniste principali Mantovani, Condotte e Fincosit stanno lavorando al completamento e alle movimentazioni del Mose. Da un anno le operazioni dei test della grande opera vengono assicurate dalle imprese. Che però non sono mai state pagate. Inutili gli incontri con il Consorzio, con la commissaria Spitz, con il Provveditore alle Opere pubbliche Cinzia Zincone. Nel frattempo al Consorzio è arrivato il commissario liquidatore, voluto dal decreto che istituisce la nuova Autorità per la laguna.

Così le aziende hanno inviato ieri una lettera dai toni gentili ma ultimativi al liquidatore, il commercialista veneziano Massimo Miani. «La scadenza di febbraio-marzo ipotizzata per i pagamenti non va bene», scrivono i rappresentanti delle imprese.

«L’esposizione debitoria non è più sopportabile, a meno di non compromettere irreparabilmente non solo l’operatività ma la stessa sopravvivenza delle imprese, con tutte le conseguenti ricadute a livello occupazionale». Occorre pagare i debiti al più presto, ribadiscono. E anche «avviare un serio cronoprogramma di finanziamenti per riparare le tante criticità del Mose emerse negli ultimi anni».

Un allarme già lanciato inascoltato lo scorso anno, quando le aziende minacciavano di fermare i test del Mose.

A firmare la lettera sono i presidenti di Kostruttiva Devis Rizzo, Massimo Paganelli di Clodia, Renzo Rossi della Renzo costruzioni, Giovanni Salmistrari (Grv), Giacomo Calzolari (Intercantieri Vittadello), Luigi Chiappini (Nuova Coedmar), Francesco Gregolin (Pmi), Paolo Merlo della Ccc. E il “coordinatore” geometra Giorgio Mainoldi, già dirigente del Consorzio Venezia Nuova.

«Non è più possibile andare avanti così», avverte Rizzo, «noi gli operai li dobbiamo pagare a fine mese. Se non saldano i debiti con noi il lavoro si ferma. E il Mose non potrà essere concluso».

Fase delicata, perché si è visto quanto ci sia bisogno di manutenzioni e riparazioni nella grande opera che vive sott’acqua. Azionata per 14 volte negli ultimi tre mesi, quando la città ha subìto decine di acque alte consecutive. Sopra la quota di 130 centimetri sul medio mare Venezia è rimasta all’asciutto. Ma resta l’emergenza per lòe acque medio alte. C’’è da accelerare sugli altri fronti, quelli delle difese locali. La protezione della Basilica e la messa in sicurezza dell’area marciana. Progetti approvati ma fermi. E poi sugli altri lavori in laguna. Ma i soldi non ci sono. E adesso le imprese annunciano. «Se non ci pagate, il Mose si ferma».

Intanto il commissario Miani tace. «Ho deciso di non parlare», fa sapere, «sino a che non concluderò gli approfondimenti sulla situazione patrimoniale e finanziaria del Consorzio e di Comar». Nel frattempo ha inviato lettere di licenziamento ai consulenti degli amministratori straordinari. Tra questi due ingegneri, un commercialista, un giornalista e una società di vigilanza. —


 

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