L'appello: «Chi sa, si metta una mano sul cuore e ci permetta di piangerle»

L’appello
«Chi sa parli, anche in forma anonima». «Non speriamo più che vengano identificati i colpevoli a distanza di tanti anni, ma almeno di sapere che cosa è davvero successo a Paola e Rosalia, dove possiamo piangere le loro spoglie. Chi lo sa si metta una mano sulla coscienza e ci faccia sapere come è andata, anche in forma anonima».
È l’appello dall’isola di Burano che arriva da Lino, fratello di Paola Costantini, dopo che è stato archiviato a 30 anni di distanza il caso della sua scomparsa, assieme alla nipote Rosalia nell’ottobre del 1991. Il “caso delle buranelle” che non ha mai trovato risposte – nonostante le ricerche dei resti delle due donne riavviate nel gennaio 2014, su disposizione dell’allora procuratore aggiunto Carlo Nordio, nella spiaggia antistante un campeggio militare lungo via delle Batterie a Cavallino-Treporti – ma neppure una affidabile ricostruzione dei fatti.
Sette anni or sono erano infatti state riaperte le ricerche moltiplicando gli sforzi e mettendo sotto sequestro ben 10 ettari di terreno demaniale a Ca’Vio, che vennero transennati per venire scandagliati palmo a palmo con i radar per il terreno e le unità cinofile.
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