«La Pec? Un nostro brevetto»

Hanno puntato tutto sul numero 1350373 ma non hanno ancora sbancato. «La nostra è la battaglia di Davide contro Golia», spiega Federico Renier, imprenditore che con Pierluigi Virgili guida la società Kp Twelve di Mestre. Il numero 1350373 è quello con il quale l’Ufficio europeo dei Brevetti (Epo) identifica il loro brevetto «Un metodo di certificazione, trasmissione, ricezione e autentificazione di documenti elettronici». Per i due soci è il sistema sul quale poggia la Pec (posta elettronica certificata), un affare intorno al quale girano tanti milioni, un tavolo dal quale loro si sentono esclusi.
Facciamo un passo indietro, per cercare di riassumere una storia che dura da 12 anni. Era il settembre del 2000 quando i due soci pensano ad un sistema di posta elettronica che sia garante dell’identità delle persone. Il brevetto italiano viene registrato il 12 dicembre 2000. Dopodiché i due trentenni si mettono al lavoro per trovare uno sbocco commerciale alla loro idea. Nel febbraio del 2001 pensano di esserci vicini: l’Ibm sembra interessata al progetto, c’è una riunione a Roma, alla sede dell’Eur, con alcuni dirigenti del gruppo. «Erano tutti entusiasti, sembrava fosse andata benissimo», racconta Renier, «ma alla fine via fax ci dissero che non ritenevano la nostra proposta interessante».
I due se la mettono via, ma credono ancora nel progetto e decidono di estendere il brevetto italiano a livello europeo, chiedendone la registrazione.
La fase istruttoria è lunga e complessa, si articola in oltre trecento documenti frutto di un lungo contradditorio. Nel frattempo, mentre Renier e Virgili sono in attesa di una risposta dall’Europa, l’11 febbraio del 2005, su iniziativa del ministro per l’innovazione tecnologica Lucio Stanca (una carriera da dirigente in Ibm) il governo lancia in pompa magna la Pec, la posta elettronica certificata. I due ragazzi si interrogano: «Ma non è che la Pec usa lo stesso metodo da noi inventato?». Loro credono di sì.
Aspettano però il cammino del brevetto in sede europea prima di prendere qualsiasi decisione. L’iscrizione arriva il 3 gennaio 2007, nome in codice: ep 1350373. Brevetto in mano si rivolgono allo studio Franzosi-Dal Negro-Pensato-Setti, esperto in proprietà intellettuale. Del maggio 2007 sono le lettere inviate a un lungo elenco di società che offrono servizi di Pec. Renier e Virgili diffidano le società «dall’utilizzare in qualsiasi modo il metodo di certificazione della posta elettronica». Le società rispondono picche: pacchi di fogli per dire che non stanno usando il loro brevetto, che gli standard usati sono noti da tempo, e che forme di posta elettronica certificati sono già noti da anni in Europa. Insomma, il loro punto di vista è che l’invenzione è una non-invenzione.
E per questo presentano opposizione, tra ottobre 2007 e ottobre 2008 all’Ufficio brevetti europeo. A farlo sono Intesa (gruppo Ibm), Infocamere, Actalis e altre società. All’Ufficio brevetti spetta ora dire chi ha ragione. La Pec non ha sfondato come ci si immaginava, e anche recentemente l'Istituto superiore delle comunicazioni e tecnologie dell'informazione (Iscti) ha rilevato le criticità della Pec «non basata su uno standard internazionale, e non integrata in alcuni software di gestione». Ma i due imprenditori vogliono andare fino in fondo. «Dal 2007 l’Ufficio Brevetti non si è ancora pronunciato sull’opposizione. Ci dicano se abbiamo ragione o no, tutto qui». Sul quel numero hanno puntato tutto.
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