«La malattia non mi fermerà»

Giulia, la patologia rara e la cura alla Banca degli occhi
Da sinistra il genetista Enzo Di Iorio e Giulia Volpato
Da sinistra il genetista Enzo Di Iorio e Giulia Volpato
 Ha una malformazione ai piedi, ma d'estate passeggia in spiaggia con le infradito. Due sole dita alla mano destra, ma usa quest'arto per scrivere. Pur sottoposta a diversi interventi per correggere le anomalie al labbro e al palato ha un bellissimo sorriso. Nonostante i diversi interventi chirurgici alla cornea («ci vedo poco, ho sempre bisogno di qualcuno che mi accompagni») usa il computer, si è diplomata con 85/100 al Liceo di Scienze sociali e ora è iscritta a Scienze politiche, ramo Relazioni internazionali e diritti umani.  Giulia Volpato, 19 anni, di Selvazzano (Padova) è una dei 14 pazienti colpiti dalla «Sindrome Eec» - malattia rara (uno su 2 milioni) che colpisce gli arti, il fegato, i reni e, in particolare, la vista - che sono stati riuniti, con le loro famiglie, dalla Fondazione Banca degli occhi per una due giorni che ha richiamato a Mestre i massimi esperti, tra oculisti, biologi, genetisti e ricercatori, per visitare i pazienti (quasi tutti giovani, moltissimi minorenni) e per fare il punto sugli aspetti clinici e sperimentali della malattia.  Giulia ha l'espressione dolce di una diciannovenne serena, la grinta di una leonessa e contagia con la sua voglia di vivere. «La nostra malattia ci pone dei limiti oggettivi, innegabili - spiega - Avere una mia autonomia è, diciamo, impossibile. Ma i limiti me li pongo da sola. Non accetto che siano gli altri a fissarli». E' stato questo il primo insegnamento di mamma Cristina: «Non fermarti mai perchè qualcuno ti dice: non sei capace». Certo, non è stato facile. Alle elementari con i compagni di classe, alle medie con «professori che mi hanno fatto tanto soffrire e da un lato vorrei dimenticare, ma dall'altro mi danno tirato fuori forza e determinazione». Quelle che non le consentono «di farmi abbattere dal primo che passa». E così Giulia ha fatto ginnastica artistica per 13 anni, si è diplomata («il liceo mi ha fatto rinascere: professori eccellenti, compagni eccezionali»), frequenta l'Università.  Non è stato facile nemmeno per la madre, stilista free-lance. «Chi ha un figlio con una malattia rara è lasciato a se stesso. Io ho trovato le prime notizie su una banca dati americana. Era tutto conosciuto, scritto. Ma nessuno ce l'ha detto, ho dovuto trovare io le informazioni. Il dispendio di tempo e di soldi è stato pesantissimo, devi auto-organizzarti su tutto, è un pellegrinaggio continuo e resisti solo se sei abbastanza scaltro e determinato a far valere i tuoi diritti».  Giulia è stata la prima paziente presa in cura, 6 anni fa, dall'équipe di Banca degli occhi. «Sono molto legata a Diego (Ponzin, il direttore sanitario), a Enzo (Di Iorio, biologo e genetista) e a tutti gli altri - racconta Giulia - Dipendiamo l'uno dagli altri». Il progetto «Sindrome Eec», finanziato anche dalla Telethon francese, è già al quarto e ultimo stadio. Quello, però, più impegnativo: la terapia genica. «Si tratta - spiega Enzo Di Iorio - di scoprire le strategie molecolari per correggere il difetto genetico. Una volta sviluppata questa conoscenza la si potrà applicare a molte altre malattie genetiche (sono 5mila) e alla cura dei tumori». Una sfida entusiasmante. «L'evento di oggi è di eccezionale rilievo umano e scientifico (tra gli altri relatori c'era anche Colin Willoughby, il massimo esperto internazionale di questa patologia, ndr) - conclude Ponzin - Questo è un progetto di ricerca importante, dalle enormi potenzialità». (m.sca.)

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