La centrale elettrica Volpi diventerà un polo logistico

PORTO MARGHERA. Sparisce un altro pezzo della vecchia Porto Marghera, la centrale termoelettrica Volpi da 140 Megawatt in via dell'Elettricità, aperta da Sade nel 1925 e poi passata all'Enel che l'ha chiusa nel 2013 e venduta.
La demolizione degli impianti del primo e più antico nucleo del nascente polo industriale e portuale di Venezia comincerà tra poche settimane, giusto nel Centenario della nascita di Porto Marghera.
La spiaggia transennata. Quando via Fratelli Bandiera era un grande canale di scolo, del quale l'attuale strada era l'argine che giungeva fino a Malcontenta, sul tratto sabbioso che si affacciava sulle paludi lagunari i mestrini nei mesi estivi ci andavano a fare il bagno e a prendere il sole, sino al 1922, quando l'area fu transennata e furono aperti i cantieri per la costruzione della prima centrale elettrica per fornire energia alle nascenti industrie, in sostituzione delle centrali di San Giobbe e dell'Arsenale della Società di Illuminazione Elettrica di Venezia attive dal 1889 fino al 1904.
Dalla Sade all'Enel. Di quel paesaggio naturale non resta nulla. Al suo posto, nel 1925, è stata inaugurata la prima centrale termoelettrica a carbone dall'allora Società Adriatica di Elettricità (la Sade, fondata anche questa dal conte Volpi), intitolata all'imprenditore Giuseppe Volpi di Misurata, uno dei principali promotori della realizzazione di un'area portuale e industriale per Venezia, massone, fascista, colonialista italiano, governatore della Tripolitania italiana, ministro delle Finanze durante la dittatura di Benito Mussolini e presidente di Confindustria dal 1934 al 1943.
La costruzione iniziale prevedeva l'utilizzo di caldaie a letto fluido accoppiate a turbine Ganz da 15 Mw (unità A e B) e 25 Mw (unità C), il combustibile impiegato era carbone o lignite. L'utilizzo della centrale in quel periodo era limitato, dato che la provenienza principale dell'energia elettrica era garantita dalle centrali idroelettriche, salvo nei periodi di siccità o malfunzionamenti.

Bombardata nel 1944, la centrale della Sade fu fermata e successivamente ristrutturata negli anni Cinquanta, anche grazie agli aiuti del piano Marshall.
I lavori comportarono anche un vasto ampliamento per adeguare gli impianti alle nuove richieste energetiche dell'Italia del dopoguerra avviata verso il boom economico degli anni Sessanta.
Nel 1962 la centrale diventò di proprietà pubblica e fu affidata alla neonata Enel che cercò di recuperare il gap tecnologico di questa vecchia e inquinante centrale a carbone e olio combustibile dal punto di vista dell'impatto ambientale, priva di moderni sistemi di filtraggio dei fumi.
Enel non ha invece chiuso la sua seconda e più grande centrale veneziana, la Palladio di Fusina (tuttora attiva) ed alimentata da carbone e combustibile solido secondario ricavato dai rifiuti urbani.

La chiusura e la cessione. Tant'è che nel 2013 la centrale Volpi fu fermata definitivamente dall'Enel e nel 2015 fu ceduta, insieme all'area che la comprende di 11 ettari, a tre società già presenti con le loro attività nell'area industriale e che si occupano di logistica portuale, carpenteria metallica e impiantistica: Porto Invest srl (controllata da Transped spa), Simic spa e Citi srl.
Due di questi tre acquirenti (Citi e Simic) svilupperanno nel sito nuovi insediamenti industriali. La terza società, Porto Invest srl che tramite la società collegata Trasped che fa capo alla Porto di Carrara spa della famiglia Bogazzi che già ha rilevato il terminal Multi Service e possiede le adiacenti banchine di Darsena della Rana e il gigantesco capannone della ex Tencara, dove fu costruita il Moro di Venezia, la barca a vela voluta da Raul Gardini, patron di Montedison amplierà le sue capacità e attività logistiche e di prima lavorazione che già svolge in prossimità dell'area, sistemando la banchina di 220 metri difronte alla centrale. Al via la demolizione.

La firma del contratto di appalto sta per essere firmato proprio in questi giorni dai responsabili di Porto Invest ed entro la demolizione delle parti impiantistiche presenti all'interno del capannone di 34 mila metri cubi e dei camini. In tutto si tratta di 9 mila tonnellate di acciaio e una quantità notevole di amianto e altri materiali, a cui seguirà la messa in sicurezza dei terreni a livello campagna.

Una piccola parte della vecchia e storica centrale - con le turbine e il mosaico all'interno con la pianta di Porto Marghera e il busto di Volpi - è stata vincolato dalle Belle Arti.
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